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La vagabonda
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due veloci considerazioni:
- se nella Parigi di inizio '900 ci fossero stati gli antibiotici, quanti libri/opere in meno! son tutti lì a espettorare, con complessioni rachitiche e necessità di svernare al caldo;
- quanto se la racconta/ce la racconta Colette la sua scelta di rinunciare in toto al maschio protettore?
Romanzo interessante per il tema ma che a parte qualche sprazzo narrativo felice, e una vena ironica serpeggiante, non sopravvive alla propria verbosità e anche alla sostanziale ipocrisia.
La protagonista si è liberata da un marito tossico, che oltre a menarla la umilia usandola per i suoi tripli-quadrupli ménage, e si è data all'unica arte che le consenta quella libertà a cui ambisce: calcare i palcoscenici dei café chantant.
Arriva il principe azzurro, Max-il-bamboccione, che giustamente è visto come un moscone che le ronza attorno, e disturba la quotidianità fatta di routine di Renata. Solo che Renata alla fin fine soccombe all'amore, anzi alle braccia muscolose di Max che le danno quel fremito perduto.
Visto che siamo dalle parti della 3a repubblica e la Francia ondeggia tra il moralismo fissato dalla tragica fine della dame aux camélias e la sfrenatezza della belle époque, c'è un limite a quello che Colette può dire o far trasparire. Non tanto perchè non ci fossero precedenti, quanto perché pure lei aspirava a rifarsi una reputazione di donna libera che non ha bisogno di mariti e/o amanti e vive con la cagnetta e qualche amico. Al sesso allude (e illude il caro Max) ma sarà per un'altra volta.
Non invecchia benissimo la scrittura di Colette, mentre i suoi temi ahimè sono sempre lì a ricordarci che nelle equazioni sentimentali non ci sono mai soluzioni certe.
- se nella Parigi di inizio '900 ci fossero stati gli antibiotici, quanti libri/opere in meno! son tutti lì a espettorare, con complessioni rachitiche e necessità di svernare al caldo;
- quanto se la racconta/ce la racconta Colette la sua scelta di rinunciare in toto al maschio protettore?
Romanzo interessante per il tema ma che a parte qualche sprazzo narrativo felice, e una vena ironica serpeggiante, non sopravvive alla propria verbosità e anche alla sostanziale ipocrisia.
La protagonista si è liberata da un marito tossico, che oltre a menarla la umilia usandola per i suoi tripli-quadrupli ménage, e si è data all'unica arte che le consenta quella libertà a cui ambisce: calcare i palcoscenici dei café chantant.
Arriva il principe azzurro, Max-il-bamboccione, che giustamente è visto come un moscone che le ronza attorno, e disturba la quotidianità fatta di routine di Renata. Solo che Renata alla fin fine soccombe all'amore, anzi alle braccia muscolose di Max che le danno quel fremito perduto.
Visto che siamo dalle parti della 3a repubblica e la Francia ondeggia tra il moralismo fissato dalla tragica fine della dame aux camélias e la sfrenatezza della belle époque, c'è un limite a quello che Colette può dire o far trasparire. Non tanto perchè non ci fossero precedenti, quanto perché pure lei aspirava a rifarsi una reputazione di donna libera che non ha bisogno di mariti e/o amanti e vive con la cagnetta e qualche amico. Al sesso allude (e illude il caro Max) ma sarà per un'altra volta.
Non invecchia benissimo la scrittura di Colette, mentre i suoi temi ahimè sono sempre lì a ricordarci che nelle equazioni sentimentali non ci sono mai soluzioni certe.
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La vagabonda.
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Reading Progress
August 2, 2021
–
Started Reading
August 2, 2021
– Shelved
August 9, 2021
–
Finished Reading
May 2, 2024
– Shelved as:
04_la-france-o-la-la
Comments Showing 1-2 of 2 (2 new)
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message 1:
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Lucia
(new)
Aug 09, 2021 02:20PM
Certo! E quanto chic faceva la consunzione anche tra scrittori e artisti vari…potenza del mal sottile…
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