“Un bacio, dopo tutto cos’è? Un giuramento fatto un po’ più da vicino, una promessa più precisa, il sì ad un assenso, un punto rosa sulla i di amor mio;“Un bacio, dopo tutto cos’è? Un giuramento fatto un po’ più da vicino, una promessa più precisa, il sì ad un assenso, un punto rosa sulla i di amor mio; un segreto confidato alla bocca invece che all’orecchio, un istante d’infinito che fa il ronzio d’ape, una comunione che ha il gusto del fiore, un modo per respirarsi un poco il cuore, e un po’ gustarsi, a fior di labbra, l’anima!”
Non avrei mai pensato di apprezzare così tanto la lettura di un’opera teatrale, e invece wow, che meraviglia!
“Cyrano de Bergerac" di Edmond Rostand è un capolavoro teatrale scritto a fine ‘800, che da oltre un secolo affascina e commuove con la sua straordinaria combinazione di avventura, romanticismo e profondità emotiva. La pièce, ambientata nella Parigi del XVII secolo, racconta la storia di Cyrano, un uomo dotato di un ingegno brillante e di un coraggio indomito, ma anche tormentato da un'enorme insicurezza a causa del suo grande naso, e dell'amore che egli prova ber la bella Rossana, innamorata però a sua volta del giovane Cristiano.
Cyrano è un personaggio straordinario, affascinante per la sua intelligenza acuta, la sua eloquenza e il suo senso dell'onore. La sua abilità nel duello verbale e la sua spada affilata sono ineguagliabili, ma è il suo amore per la bella Rossana che dà profondità alla sua figura. Il suo amore nei confronti della donna è così grande che sacrifica persino la possibilità di essere con lei per proteggere l'onore del suo amico Cristiano, un giovane soldato di bell'aspetto, ma privo di eloquenza. Cyrano, con il suo spirito indomito e il suo cuore gentile, la sua capacità di amare così intensamente, nonostante le sue insicurezze, è un esempio di vera grandezza d'animo.
Rossana è un'altra figura centrale del dramma, una donna di straordinaria intelligenza e bellezza. Il suo amore per la poesia e la letteratura è uguale a quello di Cyrano, e la sua devozione al romanticismo e all'amore vero la rende una figura particolarmente ammirevole. La sua relazione con Cyrano e Cristiano aggiunge una certa complessità emotiva alla trama, poiché la giovane donna naviga tra il desiderio di essere amata per la sua anima e la sua bellezza esteriore.
Cristiano, il terzo lato di questo triangolo amoroso, rappresenta invece l'aspetto fisico della bellezza che manca a Cyrano. Tuttavia, è la sua mancanza di eloquenza che lo rende dipendente dalla genialità di Cyrano per conquistare il cuore di Rossana. La sua vulnerabilità e il suo desiderio sincero di amore e accettazione lo rendono un personaggio particolarmente toccante e umano.
La bellezza di quest’opera a mio avviso risiede non solo nella sua trama avvincente, ma anche nella sua profonda riflessione sui temi dell'amore, dell'identità e dell'onore, nonché nella poetica dell’autore, a dir poco sublime. Con un uso magistrale delle parole, Rostand riesce a trasportare il lettore (e lo spettatore) in un mondo di duelli verbali, dichiarazioni poetiche d'amore e sacrifici eroici, lasciandoci affascinati e commossi al tempo stesso. Stupendo!...more
"All'ombra delle fanciulle in fiore" è un viaggio epico attraverso le profondità dell'animo umano, un'odissea di emozioni, pensieri e riflessioni che "All'ombra delle fanciulle in fiore" è un viaggio epico attraverso le profondità dell'animo umano, un'odissea di emozioni, pensieri e riflessioni che ti rapisce e ti trasporta in un mondo di pura bellezza e fascino.
Questo secondo volume della "Recherche" continua il sogno ad occhi aperti nel quale ho percepito di trovarmi con il primi libro; un sogno in cui ogni parola, ogni frase, risuona di una bellezza e una profondità che è difficile da descrivere a parole. La prosa di Proust è come una sinfonia che si dipana dolcemente nelle orecchie, catturando l'essenza stessa della vita e dell'amore con una maestria e una sensibilità che sono semplicemente uniche. La trama è presente, ma non è la parte fondamentale del racconto: essa raccoglie impressioni, attimi e sensazioni, esattamente come farebbe un quadro impressionista, ma viene esaltata dalle riflessioni dell'autore, che gioca con questi momenti per ripercorrere elementi della giovinezza passata e del tempo che scorre.
Nella prima parte del romanzo siamo a Parigi, sugli Champs-Elysées, alle prese con Gilberte e Odette, presso la dimora degli Swann. In particolare Odette, che nel primo romanzo della Recherche ci appariva come una cocotte volgare e ignorante, adesso viene innalzata al ruolo di Madame Swann, una donna di gran fascino, matura ed esemplare. Proust ci narra di tutti gli aspetti della sua quotidianità, dalle sue toilette ai pettegolezzi scambiati con le sue ospiti in salotto. Lentamente prende vita un affascinante sguardo sulla mutabilità della società dell'epoca, sull'aristocrazia che trasuda un odore di stantio e che guarda con disprezzo e timore i nouveaux riches. E' in questa prima parte che notiamo i primi ardori e innamoramenti del narratore, che in prima persona ci racconta gli accadimenti. Il desiderio nei confronti dell'altro sesso non fa che crescere, raggiungendo il suo apice nella seconda parte del romanzo. Qui troviamo la piena rappresentazione delle "fanciulle in fiore" di cui si fregia il titolo di questo secondo volume. Il narratore si reca a Balbec, località balneare fittizia della Normandia, insieme alla nonna, e questa esperienza lontano dai genitori, grazie alla maestrìa di Proust, appare agli occhi del lettore come una primavera botticelliana. Queste pagine del soggiorno a Balbec sono inondate di sole, di calore umano e di natura. I paesaggi sono raccontati in maniera così vivida e splendida da permettere di percepire persino la brezza marina o gli odori della natura che circonda i personaggi. Il narratore viene letteralmente travolto dalla bellezza umana che lo circonda: queste fanciulle in fiore, tra le quali incontrerà Albertine, che scatenano i suoi istinti e i suoi impulsi, spingono il narratore a perdersi tra infinite sensazioni e pulsioni. Egli sembra quasi innamorarsi di tutte le fanciulle con cui incrocia lo sguardo; ed è anche in questo modo che Proust ci racconta l'unicità della giovinezza, di quest'età irripetibile, frivola, con tutte le sfumature dei sentimenti e i ricordi di un passato cristallizzato dal piacere. Una giovinezza che però porta inevitabilmente a fare i conti con la frugalità e la precarietà dei propri desideri, alimentati dal puro bisogno di confrontarsi con qualcosa di misterioso, inarrivabile e inaccessibile.
Come nel primo volume, Proust mi ha travolto e incantato. Leggere questa sua opera è come immergersi in spazi e tempi che non hanno forme e limiti. Tutto sembra dilatarsi in maniera indefinita, e sono le sensazioni trasmesse dalla ricchissima prosa dell'autore a scandire il passare degli anni, dei giorni e delle ore. L'unica cosa da fare con Proust è lasciarsi trasportare....more
Indubbiamente un capolavoro assoluto, anche se lungo e a tratti difficile da digerire; un romanzo straordinariamente audace e controverso, che ci trasIndubbiamente un capolavoro assoluto, anche se lungo e a tratti difficile da digerire; un romanzo straordinariamente audace e controverso, che ci trasporta nel cuore oscuro della Seconda Guerra Mondiale attraverso gli occhi di Maximilien Aue, un ex ufficiale delle SS che riflette sulla sua vita e sul suo coinvolgimento nei crimini di guerra nazisti, in particolare nell'Olocausto. Ho sempre letto romanzi che raccontavano queste vicende dal punto di vista opposto, e trovarsi davanti a questi stessi eventi raccontati dalla diretta voce dei carnefici, fa oggettivamente un certo effetto.
Il romanzo si apre con Aue che vive in esilio in Francia dopo la fine della guerra. Attraverso i suoi ricordi riviviamo l'ascesa e la carriera del protagonista nelle SS, i suoi compiti all'interno della macchina nazista e la sua diretta partecipazione agli orrori della pulizia etnica avvenuta durante l'Operazione Barbarossa e nei campi di concentramento. Questa parte è una delle cose più stomachevoli che abbia mai letto, tanto che in alcuni momenti ho preferito fare una pausa per prendere fiato e lasciar sedimentare ciò che avevo appena letto. La prosa di Littell è decisamente cruda, e cattura in modo potente e feroce tutto l'orrore e la brutalità della guerra e dell'Olocausto nazista. Il narratore, che prima di scrivere il romanzo ha fatto un incredibile lavoro di ricerca storica durato oltre tre anni, traccia di Aue un ritratto chiaramente debitore alla "Banalità del male" della Arendt. Littell esplora in maniera profonda e senza compromessi la mente di un individuo moralmente contorto e corrotto: Aue è infatti un personaggio colto e intelligente, con un interesse per la filosofia e la letteratura, ma è anche profondamente disturbato. La narrazione di Littell ci costringe inevitabilmente a confrontarci con la natura stessa del male e della responsabilità individuale, ponendoci domande scomode sulla nostra capacità di comprendere e affrontare gli orribili atti che un essere umano è in grado di commettere.
Oltre al protagonista, il romanzo presenta una serie di personaggi intriganti e sfaccettati, tra cui l'amico e collega di Aue, Thomas Hauser, e sua sorella gemella Una, la cui presenza aggiunge ulteriore complessità alla storia. Il mio personaggio preferito è però senza dubbi il linguista Voss, grazie al quale Littell ci regala le pagine più belle di questo libro. In una sorta di dialogo platonico infatti, Aue discute con questo strano professore, cercando di venire a capo delle differenze culturali tra le varie popolazioni dell’Ucraina, scivolando via via che la conversazione va avanti nell’impossibilità di definire cos’è un ebreo, cosa un cosacco, cosa un russo, cosa un tedesco. A dir poco sublime. Altro pezzo molto forte e toccante del racconto è di sicuro quello di Stalingrado. E' stato impressionante leggere questo passaggio del romanzo, che passo dopo passo mi riportava alla mente la straordinaria dilogia di Vassilij Grossman, "Stalingrado" e "Vita e Destino". E' stato come se i racconti avessero trovato una qualche congiunzione nella mia testa.
"Le benevole" è un'esperienza di lettura molto intensa e coinvolgente. La capacità di Littell di mettere in scena la mente di un individuo così moralmente distorto e di farci confrontare con la sua pur presente umanità, ci costringe a riflettere sulle profondità oscure della psiche umana e sulla nostra capacità di comprendere e accettare il male che alberga nelle persone. È un libro che lascia un'impressione duratura, ma che non è certamente adatto a tutti per i suoi temi particolarmente difficili e scomodi....more
Sospendo il giudizio perché non sono sicuro di averlo capito. E se l’ho capito, allora non l’ho apprezzato. Ad ogni modo il protagonista lo prenderei Sospendo il giudizio perché non sono sicuro di averlo capito. E se l’ho capito, allora non l’ho apprezzato. Ad ogni modo il protagonista lo prenderei volentieri a schiaffi....more
Un'opera teatrale tanto breve quanto straordinaria che cattura l'attenzione del pubblico con la sua brillantezza intellettuale, il suo umorismo acuto Un'opera teatrale tanto breve quanto straordinaria che cattura l'attenzione del pubblico con la sua brillantezza intellettuale, il suo umorismo acuto e la sua profonda riflessione sulla natura umana.
Ambientata interamente in un salotto parigino, la pièce segue due coppie borghesi che si incontrano per discutere di un incidente avvenuto tra i loro figli. Ciò che inizia come una conversazione civile presto però si trasforma in un caos totale, rivelando le fragilità e le ipocrisie della società contemporanea.
Dal mio punto di vista Reza ha un talento straordinario nel ritrarre le relazioni umane con una precisione chirurgica, e questo si riflette vividamente nei quattro personaggi de "Il dio del massacro". Le due coppie, con le loro differenze sociali e personali, si scontrano in un crescendo di tensione e conflitto, mentre emergono le loro vere nature sotto la superficie delle convenzioni sociali, del politicamente corretto, delle finte buone maniere. I dialoghi serrati e i colpi di scena imprevedibili tengono il lettore incollato dall'inizio alla fine, mentre le maschere della civiltà cadono una dopo l'altra, rivelando la brutale verità dell'essere umano.
Ciò che rende questa pièce così straordinaria è la sua capacità di far riflettere sui temi universali della convivenza, della comunicazione e del conflitto. Reza mette sotto la lente d'ingrandimento le tensioni nascoste all'interno delle relazioni umane, mostrando come persino le persone più civili possono perdere il controllo quando vengono messe in un angolo. Sono rimasto particolarmente affascinato dalla maestria di Reza nel creare una pièce così coinvolgente e penetrante. I personaggi sono sfaccettati e realistici, e le loro interazioni sono al tempo stesso esilaranti e sconcertanti. "Il dio del massacro" è una testimonianza perfetta del potere che il teatro possiede nel mettere in scena le complessità della vita umana in tutta la sua gloria e tragedia....more
Non mi capitava di piangere così da tanto tempo, quindi se avete intenzione di leggere questo libro, per prima cosa assicuratevi di avere abbondanti sNon mi capitava di piangere così da tanto tempo, quindi se avete intenzione di leggere questo libro, per prima cosa assicuratevi di avere abbondanti scorte di fazzoletti in casa. “Vite che non sono la mia” non è un romanzo, ma un racconto di storie vere che hanno coinvolto l’autore e la sua famiglia. E’ un’opera sublime e commovente, che parla di perdita, di malattia e dolori profondi; dolori che non si possono spiegare, dolori che non si possono comprendere fino in fondo finché non li si vive sulla propria pelle, e che per questo motivo risultano difficili da spiegare a coloro che ci stanno accanto, siano essi famigliari o conoscenti. Il racconto è denso di momenti molto toccanti e struggenti, e su tutto risalta il grande omaggio che l’autore vuole rendere all’amore, all’amicizia e alla famiglia, che resistono come naufraghi su una piccola zattera in balìa delle onde di un burrascoso mare di dolore.
Avendo già letto diverse sue opere, posso affermare con certezza che Emmanuel Carrère non è soltanto uno dei miei preferiti, ma anche uno dei più bravi autori contemporanei. La sua scrittura è di una bellezza disarmante e di una profondità sconcertante: ti avvolge prima con delicatezza, e lentamente si avvinghia intorno a te; ti travolge con forti emozioni e non ti lascia più andare. In questo libro Carrère raggiunge vette altissime mentre ci narra di vite che non sono direttamente la sua, ma che potrebbero essere di chiunque ci sta intorno, se non addirittura la nostra. E’ un libro emotivamente molto forte che mi ha devastato il cuore e l’anima. Impossibile non apprezzarne la straordinarietà ...more
Indubbiamente uno dei romanzi più belli che abbia mai letto, "Dalla parte di Swann" è il primo di sette volumi che compongono l'epica opera "Alla riceIndubbiamente uno dei romanzi più belli che abbia mai letto, "Dalla parte di Swann" è il primo di sette volumi che compongono l'epica opera "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust, una delle pietre miliari della letteratura mondiale, che dopo tanta esitazione ho finalmente deciso di leggere.
In questo strabiliante capolavoro evocativo, Proust ci trasporta in un mondo a sé, una dimensione affascinante e complessa, intessuta di ricordi, emozioni e sensazioni. Attraverso una narrazione a dir poco magistrale, non ci limitiamo ad esplorare solo i vari personaggi del racconto, i luoghi dove essi vivono e le vicende che li riguardano, ma soprattutto i meandri della mente umana, i sottili giochi della memoria e la fluidità del tempo.
Il romanzo si suddivide in tre parti distinte, ciascuna delle quali offre uno sguardo unico e profondo nella complessa trama del romanzo:
"Combray", titolo della prima parte, ci introduce al protagonista narratore, che rimane anonimo, e ci trasporta nella sua infanzia a Combray, una cittadina immaginaria della Francia. Qui, il narratore ci prende letteralmente per mano e ci accompagna pagina per pagina attraverso i ricordi della sua giovinezza, evocando con grande maestria i luoghi, le persone e gli eventi che hanno plasmato la sua coscienza nei primi anni di vita. In questa sezione è presente uno degli episodi più famosi del libro, quello in cui il protagonista, dopo aver imbevuto nel tè una madeleine, ricorda come egli fosse solito mangiarne da piccolo, in particolare la domenica mattina, prima della messa. Ed è proprio durante la celebre scena della madeleine che il narratore vive la sua prima esperienza di memoria involontaria: appena riconosciuto il sapore della madeleine imbevuta nel tè caldo che la zia aveva l'abitudine di preparare quando si trovavano a Combray infatti, intere sezioni di memoria cominciano a venire a galla, ad unirsi e prendere forma.
La seconda parte del libro è invece intitolata "Un amore di Swann", e si concentra principalmente sulla storia d'amore tra Charles Swann, uomo colto e raffinato introdotto nella prima parte del libro, e Odette de Crécy, una donna dal fascino misterioso e ambiguo. Questa parte della narrazione esplora in dettaglio la complessità dei sentimenti di Swann, le sue gioie e le sue sofferenze, e offre una profonda meditazione sull'amore, la gelosia e il desiderio.
"Nomi di paesi: il nome" è infine la terza ed ultima parte del romanzo, in cui il narratore torna al presente e riflette sulle sue esperienze passate, esplorando il potere che i nomi e i luoghi possiedono nell'evocare specifici ricordi e particolari emozioni. In questa sezione, il narratore ci introduce al tema della ricerca del tempo perduto, e ci invita ad esplorare il significato profondo della memoria e dell'identità.
Questo primo volume della "Recherche", per quanto mi riguarda, è un'esperienza di lettura che definire unica è quasi riduttivo; si tratta di un'immersione in un'oasi di puro piacere, come se si fosse intenti ad entrare in una sorta di paradiso letterario intriso di infinita bellezza e di profonda malinconia, in cui ogni pagina è un invito a riflettere sul significato della vita, dell'amore, e dello scorrere inesorabile del tempo. L’immersione completa del lettore è garantita dal ritmo lento e contemplativo dell’opera, che crea un’atmosfera densa e suggestiva, permettendo di assorbire al meglio ogni sfumatura di pensieri ed emozioni.
E' certamente una lettura difficile da fare "alla leggera" o "di corsa"; essa richiede infatti un buon livello di concentrazione dall'inizio alla fine, soprattutto perché i periodi di Proust sono estremamente lunghi, e si rischia facilmente di perdersi tra pensieri e riflessioni. La traduzione proposta dall'edizione Mondadori è però a mio avviso perfetta, e rende la lettura particolarmente scorrevole e piacevole.
La scrittura di Proust è a dir poco sublime, caratterizzata da uno stile elegante e raffinato, ricco di metafore, similitudini, sfumature poetiche e profondità, dove ogni parola sembra essere stata pensata e calibrata con estrema attenzione. Ciò che più colpisce è di sicuro l'uso degli aggettivi, che danno l'impressione di essere stati adagiati uno ad uno con minuziosa delicatezza, quasi come se Proust fosse un orafo intento ad incastonare dei diamanti su un prezioso metallo per creare il più straordinario tra i gioielli. Nell'opera non vi è un solo aggettivo fuori posto o inadatto al contesto, ed è anche in elementi come questo che si nota la straordinarietà e l’unicità di questo scrittore....more
Quinto volume de "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust, questo fu il primo ad essere pubblicato postumo nel 1923. Ne "La prigioniera", l'aQuinto volume de "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust, questo fu il primo ad essere pubblicato postumo nel 1923. Ne "La prigioniera", l'autore continua a esplorare i temi dell'amore, della gelosia, e della memoria, concentrandosi in particolare mondo sulla relazione tormentata tra il narratore e Albertine.
Il libro si apre con Albertine che vive sotto lo stesso tetto del narratore, diventando di fatto una "prigioniera" della sua gelosia ossessiva. Il narratore cerca di controllare in maniera malata ed ossessiva ogni aspetto della vita di Albertine, temendo costantemente che lei possa tradirlo. Questa situazione di clausura e sorveglianza fa emergere le tensioni tra i due, con il narratore che si dibatte tra il desiderio di possederla completamente e la consapevolezza dell'impossibilità di farlo. Albertine, pur accettando la convivenza, mostra segni di malcontento e desiderio di libertà, rendendo la situazione sempre più insostenibile. L'intera narrazione è permeata da un fortissimo senso di claustrofobia e oppressione, che culmina con l'inevitabile fuga di Albertine. La sua partenza getta il narratore in uno stato di totale disperazione e angoscia, alimentando ulteriormente le sue riflessioni sulla natura dell'amore e della memoria.
"La prigioniera" è un libro che, pur essendo parte di un'opera monumentale, può risultare particolarmente impegnativo da leggere. La prosa di Proust, sempre molto ricca di dettagli e introspezioni, richiede un'attenzione costante e una predisposizione alla lentezza narrativa, anche se spesso ci sono digressioni a mio avviso del tutto inutili, che potenzialmente stancano anche il lettore più attento e concentrato. La tematica della gelosia, esplorata in modo quasi maniacale, può diventare a tratti opprimente per il lettore, tanto quanto lo è per Albertine nella storia. Il narratore, che ormai ho personalmente preso in odio, con la sua ossessività e insicurezza, mi suscita sempre più antipatia. La sua incapacità di concedere libertà all'amata e la sua continua sorveglianza appaiono irritanti e frustranti, tuttavia è anche vero che queste stesse caratteristiche rendono il personaggio particolarmente complesso e realistico, rappresentando così in modo crudo e veritiero le dinamiche di un amore malato.
Nonostante la bellezza stilistica e la profondità delle riflessioni, "La prigioniera" è stato fino ad ora il volume che ho apprezzato meno tra quelli della Recherche. L'ho trovato molto più ostico e a tratti anche un po' noioso, nonostante ci siano dei passaggi assolutamente straordinari e dall'immenso valore letterario, come la sublime parte in cui si parla della morte di Bergotte, ma anche quelli relativi alle riflessioni sull'arte, la musica e la letteratura....more
4.5. Pubblicata per la prima volta nel 1920, la terza parte di questo monumentale ciclo di romanzi è intitolata "La parte di Guermantes" (in francese 4.5. Pubblicata per la prima volta nel 1920, la terza parte di questo monumentale ciclo di romanzi è intitolata "La parte di Guermantes" (in francese "Le Côté de Guermantes"). Questa sezione del lavoro, ambientata principalmente nel mondo aristocratico e mondano di Parigi e dei suoi dintorni, continua a esplorare i temi centrali dell'opera di Proust, tra cui la memoria, il tempo, l'amore e la società.
La storia di questo volume inizia con il trasferimento del narratore in un appartamento del palazzo dei Guermantes, una ricca famiglia nobiliare di cui abbiamo sentito parlare in precedenza. Questo spostamento offre al protagonista l'opportunità di avvicinarsi a questa importante famiglia, e soprattutto alla duchessa Oriane, da cui è fortemente attratto. La duchessa è un personaggio affascinante e complesso; Proust la ritrae come una donna di grande charme e intelligenza, ma anche con una vena di cinismo e superficialità. La sua figura rappresenta in maniera perfetta la quintessenza dell'aristocrazia parigina, con tutte le sue contraddizioni. Nel corso di questa prima parte, Proust descrive in modo minuzioso e affascinante la vita mondana, i salotti, e le dinamiche sociali della nobiltà parigina. La giovinezza e le pulsioni adolescenziali che avevamo incontrato nel secondo volume della Recherche sono ora sbiadite; il narratore, più maturo (ma pur sempre insopportabile ai miei occhi), entra pienamente nella vita adulta, partecipando a diverse serate mondane che gli permettono di osservare da vicino i comportamenti e le convenzioni dell'alta società francese. In questi contesti però, emerge tutta la sua crescente disillusione rispetto all'ideale romantico che aveva della duchessa e del mondo dei Guermantes. Tutto quel castello che il narratore si era costruito in testa nella prima fase della propria vita, immaginando questo mondo dorato, impeccabile e meraviglioso, crolla inevitabilmente sotto le picconate della realtà che lo circonda, costellata di grande superficialità e immense contraddizioni.
Elemento centrale di questa sezione del romanzo, che merita decisamente qualche parola, è senza dubbio il racconto della malattia e della morte della nonna del narratore, evento che colpisce profondamente il protagonista e che offre al lettore una profonda riflessione sulla fragilità della vita e sulla potenza dei ricordi. Questa parte mi ha letteralmente devastato il cuore e l'anima, travolgendomi con delle emozioni molto forti. A mio avviso, queste straordinarie pagine valgono da sole la lettura dell'intero volume.
Con il passare del tempo il narratore si avvicina ulteriormente alla famiglia Guermantes, grazie ad un invito a pranzo dal duca e dalla duchessa. Questa occasione è descritta con grande dettaglio da Proust, e offre uno sguardo approfondito sulla personalità e le dinamiche interne della famiglia. Il narratore infine sviluppa una relazione più stretta con alcuni membri del loro cerchio, in particolare con Saint-Loup, un giovane aristocratico che diventa suo amico e confidente. Attraverso Saint-Loup, il protagonista viene introdotto a ulteriori aspetti dell'aristocrazia e della politica del tempo, continuando la sua "scalata" sociale fino ai piani più alti.
Anche in questo terzo volume della Recherche, Marcel Proust si dimostra un maestro nel catturare le sfumature delle percezioni e delle emozioni umane. Il suo stile, caratterizzato da lunghe frasi e descrizioni dettagliate, può risultare a tratti molto impegnativo, richiedendo un grande sforzo di concentrazione, ma in fondo è proprio questa complessità che rende la lettura così gratificante. La sua capacità di creare atmosfere e di trasmettere sensazioni è a mio modesto parere incomparabile: ogni pagina è ricca di osservazioni acute e di momenti di bellezza lirica che invitano il lettore a rallentare e a immergersi completamente nel testo....more
Noto anche come "La Fugitive", questo sesto e penultimo volume della Recherche, segna un momento cruciale nell'evoluzione del protagonista, il NarratoNoto anche come "La Fugitive", questo sesto e penultimo volume della Recherche, segna un momento cruciale nell'evoluzione del protagonista, il Narratore, e nella riflessione sui temi della memoria e della perdita. E' sicuramente il volume che fino a questo momento ho letto con più rapidità e facilità, le digressioni sono infatti molto più limitate e il ritmo si tiene alto e serrato per tutti e quattro i capitoli grazie ad alcuni colpi di scena.
Il romanzo si concentra sulla reazione del Narratore alla scomparsa e successiva morte di Albertine, la giovane donna con cui aveva una relazione tormentata. Dopo la sua improvvisa partenza dalla casa del Narratore, la notizia della morte di Albertine precipita il protagonista in una spirale di dolore, alimentata da un'ossessiva gelosia e dal sospetto che lei avesse avuto relazioni con altre donne. Il dolore del Narratore è accentuato non solo dalla perdita fisica, ma anche dall'impossibilità di ottenere certezza su ciò che è accaduto, costringendolo a confrontarsi con i suoi ricordi sempre più sfuggenti.
La gelosia è un tema centrale anche in questo sesto volume, espressione di un tentativo di controllo e possesso dell'altro, che si rivela impossibile. Nonostante la vicinanza ad Albertine, il Narratore si rende conto di non averla mai veramente compresa, e la sua immagine diventa un enigma che sfugge a ogni tentativo di decifrazione.
Proust esplora in profondità la natura della memoria, un vero e proprio processo dinamico che riflette i desideri, le paure e le illusioni del Narratore, piuttosto che essere un semplice resoconto di eventi passati. Il dolore della perdita si intreccia con la consapevolezza dell'inaccessibilità dell'altro, un tema che permea tutto il romanzo. La prosa densa e l'introspezione psicologica, con lunghe frasi e frequenti digressioni, rispecchiano perfettamente il flusso della memoria e della coscienza. La narrazione circolare, che ritorna su temi già trattati, contribuisce inoltre a creare un ritratto complesso e sfaccettato delle emozioni del Narratore. "Albertine scomparsa" rappresenta una svolta nel percorso del protagonista verso una maggiore comprensione di sé e del tempo. La morte di Albertine segna la fine di un capitolo nella sua vita e offre una meditazione profonda sulla perdita, sul desiderio e sull'impossibilità di possedere un altro essere umano, invitando il lettore a una lettura attenta e meditativa per cogliere la complessità delle emozioni umane che esplora.
A dir poco straordinarie sono infine le pagine in cui Proust racconta del viaggio nella splendida Venezia che il Narratore compie insieme alla propria madre. Questo particolare capitolo è uno di quei preziosissimi diamanti che rendono "Alla Ricerca del Tempo Perduto" un'opera unica e senza tempo....more
"Sodoma e Gomorra" è il quarto di sette volumi della monumentale opera "À la recherche du temps perdu" di Marcel Proust. Pubblicato nel 1921, il roman"Sodoma e Gomorra" è il quarto di sette volumi della monumentale opera "À la recherche du temps perdu" di Marcel Proust. Pubblicato nel 1921, il romanzo è una complessa esplorazione dei temi del desiderio, della memoria e della decadenza della società aristocratica francese alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo.
"Sodoma e Gomorra" si divide essenzialmente in due grandi sezioni. La prima parte, che si concentra sull'osservazione del narratore riguardo al comportamento omosessuale del barone di Charlus, è una riflessione sull'omosessualità maschile e femminile. Il titolo stesso del volume fa riferimento alle città bibliche di Sodoma e Gomorra, simboli di peccato e decadenza. Proust esplora queste tematiche con una sorprendente modernità e apertura mentale, considerata l'epoca in cui scriveva.
La seconda parte del libro è invece dedicata alla vita sociale di Balbec e ai rapporti che il narratore intreccia con vari personaggi, tra cui Albertine, con cui avrà una relazione complessa e tormentata. Questo volume segna un punto di svolta nella serie, in quanto il narratore inizia a prendere coscienza della natura effimera e spesso dolorosa dell'amore e del desiderio.
Uno dei personaggi più complessi e affascinanti di "Sodoma e Gomorra" è senza dubbio il barone di Charlus, un aristocratico sofisticato, colto, ma anche profondamente contraddittorio e enigmatico. La sua omosessualità è uno dei temi principali del volume, e Proust la esplora con grande profondità psicologica. Charlus è un personaggio che incarna la decadenza dell'aristocrazia francese: è orgoglioso, manipolatore e spesso crudele, ma anche capace di grandi slanci di tenerezza e umanità. La sua relazione con il giovane violinista Morel è una delle sottotrame più intriganti del romanzo, rivelando la complessità del desiderio e del potere nei rapporti umani. Il narratore osserva Charlus con una miscela di curiosità, ammirazione e repulsione. La scena in cui Charlus viene scoperto a corteggiare Jupien, un ex sarto, è particolarmente significativa: Proust descrive con una minuziosità quasi scientifica il rituale di seduzione tra i due uomini, rivelando la profonda comprensione dello scrittore per le dinamiche nascoste della sessualità.
Tra le figure centrali di questo quarto volume vi è sicuramente Albertine, che rappresenta l'oggetto del desiderio del narratore. La sua presenza nel romanzo è avvolta da un'aura di mistero e ambiguità. Il narratore è ossessionato da Albertine, ma la loro relazione è segnata da incomprensioni, gelosie e sospetti. Albertine è presentata come una giovane donna affascinante e sfuggente: la sua ambiguità sessuale, accennata nei rapporti con altre donne, getta il narratore in uno stato di costante incertezza e tormento. La gelosia del narratore verso Albertine è un tema ricorrente, che riflette le sue paure più profonde riguardo alla fedeltà e alla sincerità nei rapporti amorosi. La figura di Albertine permette a Proust di esplorare le dinamiche complesse del desiderio e della possessività. Il narratore tenta di controllare Albertine, di tenerla vicina, ma più cerca di possederla, più lei sembra sfuggirgli. Questo crea un ciclo di desiderio e frustrazione che caratterizza gran parte del loro rapporto.
Uno degli elementi più toccanti di "Sodoma e Gomorra" è il ricordo della nonna del narratore, che come nel romanzo precedente mi ha personalmente colpito ed emozionato. La nonna è stata una figura centrale nella vita del protagonista, rappresentando per lui un rifugio di affetto e saggezza. La sua morte, avvenuta nel volume precedente, "I Guermantes", ha lasciato un vuoto profondo nel narratore, che continua a sentire la sua mancanza in maniera acuta. In "Sodoma e Gomorra", il ricordo della nonna, che rappresenta un ideale di purezza e integrità, emerge in vari momenti, spesso in contrasto con la superficialità e la frivolezza della vita sociale che circonda il narratore. Un passaggio particolarmente significativo è quello in cui il protagonista, mentre si accinge a mettersi le scarpe, si rende conto dell’assenza della nonna, riflette sulla sua morte e sul tempo trascorso insieme a lei, realizzando quanto profondamente lei abbia influenzato la sua visione del mondo.
Questo romanzo è un'opera che continua a risuonare ancora un secolo dopo la sua pubblicazione per l’introspezione psicologica e la sua critica sociale. Proust riesce a catturare le sfumature più sottili delle emozioni umane, esplorando temi di desiderio, memoria e identità con una profondità senza pari. Il volume non è solo una meditazione sull'omosessualità e la decadenza, ma anche una riflessione sulla fragilità e la bellezza della vita umana....more
Questo è il quinto libro di Carrère che leggo, e ad oggi è indubbiamente il peggiore. Sapevo che questo momento prima o poi sarebbe arrivato; che il mQuesto è il quinto libro di Carrère che leggo, e ad oggi è indubbiamente il peggiore. Sapevo che questo momento prima o poi sarebbe arrivato; che il mio amore per questo autore sarebbe stato devastato da una cocente delusione, ma non pensavo ad un buco nell'acqua di tale portata. La lettura è come sempre scorrevolissima; Carrère scrive bene, non c'è niente da dire, è bravissimo (e purtroppo lo sa), e in fondo questa è l'unica ragione che mi ha spinto a dargli due stelline. Per il resto è un libro che non mi ha lasciato nulla, se non un estremo disprezzo per l'elevatissimo, irritantissimo, e a tratti sconvolgente, livello di egocentrismo e narcisismo dell'autore. Si inizia con un'accattivante idea di un ungherese che passa cinquant'anni della sua vita in un istituto psichiatrico russo e si procede poi con la storia d'amore (?) tra l'autore e Sophie; una storia che è di una noia terribile, a mio avviso piatta e senza emozioni. E' una storia che non sa davvero di niente. E su questo niente più assoluto Carrère riversa persino una badilata di malcelata e squallida pornografia. Ed è a quel punto che ti rendi conto di come le cose non possano andare peggio. Ah sì, poi c'è anche la storia della madre Helène; e anche qualche accenno alla storia nonno collaborazionista con il governo di occupazione nazista. Tutte queste storie si intrecciano e avanzano impetuose, ma senza un filo logico. Questo libro è un miscuglio di cose un po' a caso; un "mappazzone", come direbbe un famoso giudice italiano di MasterChef prima di togliergli il grembiule e mandarlo a casa....more
"Suite francese" è un progetto letterario ambizioso, con cui Irène Némirovsky avrebbe voluto raccontare la seconda guerra mondiale, vissuta giorno per"Suite francese" è un progetto letterario ambizioso, con cui Irène Némirovsky avrebbe voluto raccontare la seconda guerra mondiale, vissuta giorno per giorno con i tanti occhi delle sue vittime; un progetto strutturato in cinque parti (Tempesta in giugno, Dolce, Prigionia, Battaglie, Pace), di cui solo le prime due completate, poiché nel luglio del 1942 la scrittrice di origine ucraina fu arrestata, in quanto ebrea, e deportata ad Auschwitz, dove morì di tifo appena un mese dopo. A nostra disposizione esiste quindi solo un pezzo di questo poema sinfonico: la prima parte, intitolata "Tempesta in giugno", e la seconda, chiamata "Dolce", pubblicate entrambi postume in Francia nel 1954, sufficienti però per dare un’idea di ciò che l’autrice avrebbe voluto rappresentare.
"Suite francese" è davvero un bellissimo romanzo, scritto in maniera eccelsa, lucido, scorrevole, descrittivo e sentimentale, ma allo stesso tempo arguto e accusatorio delle debolezze umane e dei mali del mondo. La prosa di questo romanzo è ciò che davvero mi ha molto colpito, e penso che se la scrittrice avesse creato un'opera di tremila pagine, l'avrei sicuramente letta tutta d'un fiato per il puro piacere di farmi coccolare dallo squisito uso che fa delle parole.
Pur non essendo un testo nato per la moderna industria letteraria, questo romanzo permette già dalle prime battute di disegnare con tagliente precisione un primo profilo del tono e delle situazioni, personaggi compresi. Anzi, nel loro caso la citata tagliente precisione si trasforma spesso in una particolare ferocia priva di rabbia. L’esempio perfetto arriva nel momento in cui, nella seconda parte, l’autrice mette in risalto l’umanità dei tedeschi. Un particolare non da poco soprattutto se si considera che la Némirovsky, ebrea, doveva, proprio in quel periodo, sfuggire con una certa costanza alle persecuzioni naziste, come confermato anche da alcuni suoi appunti ritrovati successivamente alla sua morte, avvenuta ad Auschwitz. In quelle pagine si legge infatti “Giuro qui di non riversare mai più il mio rancore, per quanto giustificato, su una collettività di uomini”. Lo stesso equilibrio richiama alla mente i suggerimenti di Virginia Woolf a proposito del romanzo. La scrittrice inglese, in particolare, lodava Jane Austen proprio per l’assenza pressoché totale di livore verso quella società patriarcale e maschilista che, in quanto donna, l’aveva costretta alla povertà e all’ignoranza, oltre che ad una perenne dipendenza economica dai suoi fratelli.
Quanto fu caustica in altre opere della Némirovsky la rappresentazione dell’ebreo, tanto è equilibrata in questo romanzo quella del francese, un popolo che subisce un‘invasione dal nemico storico tedesco a cui non ha ancora perdonato Sedan, un popolo che è rimasto schiacciato dalla sua stessa storia, monarchica, rivoluzionaria e anelante alla democrazia, passando anche per la Comune, tentando la repubblica e intervallandola con l'impero. Il punto di vista è quello di un paese, che al di là della sua identità e nella limitatezza della sua dimensione umana, a causa di un’invasione va allo sbando, perdendo la sua umanità, ricercandola addirittura nel popolo invasore. La prima parte "Tempesta di giugno", è la perfetta rappresentazione del totale caos dovuto alla paura: la popolazione parigina, esterrefatta dall'improvvisa e inattesa invasione, fugge dalla capitale per rifugiarsi lontano. Nel racconto fatto dalla Némirovsky veniamo quasi travolti da questo movimento veloce, dispersivo, a tratti isterico, di chi molla tutto per scappare. Nella seconda parte invece, le sensazioni provate dal lettore sono del tutto diverse, sono espressioni di lentezza, nelle quali assaporiamo gesti più lenti, di più ampio respiro, dove si avvicendano sentimenti contrastanti, dall'amore al dolore, quel dolore che è anche della scrittrice, che in presa diretta salvava il salvabile, conscia di cosa la attendesse.
I personaggi principali non sono pochi, e di ognuno di essi, l'autrice ne analizza approfonditamente la psicologia. Essi sono per certi versi simboli di alcune classi sociali verso le quali la narratrice dimostra ben poca simpatia, fatta eccezione per il grado più basso della borghesia. I coniugi Michaud ad esempio, modesti impiegati di banca, ci vengono raccontati come legati da un tenero e incrollabile amore, che li porta a essere totalmente solidali nei momenti dolorosi e nelle piccole e non frequenti gioie della vita; sono minuscole realtà che, tuttavia, nel reggere se stessi, finiscono con il reggere l’intera umanità. É quindi solo l’amore - quell’amore che si traduce in un sentimento di totale affetto e condivisione, che è superiore a ogni ricchezza e bramosia di potere - a salvare il mondo, concetto che è sorprendente ove si consideri che la Némirovsky era figlia di uno dei più grandi banchieri dell’epoca, un uomo dalla ricchezza smisurata. L’autrice cesella le parole, riesce a rendere perfettamente questi insanabili contrasti che in altre penne sortirebbero ridondanti di retorica, ma che qui invece sono di grande semplicità e naturalezza in quanto propri dell’esistenza.
Resta in bocca quell'amaro dovuto all'incompletezza dell'opera per cause di forza maggiore. Non si può far altro che chiedersi come sarebbero state le altre tre parti, correndo però il rischio di perdersi nelle più svariate congetture. Il proseguimento e la fine di questo romanzo, ahinoi, non lo conosceremo mai....more
Il protagonista di questo inquietante romanzo, un architetto, ha sempre avuto una caratteristica fisica distintiva rispetto ad altri: i baffi. Un giorIl protagonista di questo inquietante romanzo, un architetto, ha sempre avuto una caratteristica fisica distintiva rispetto ad altri: i baffi. Un giorno, un po’ per scherzo, un po’ per provocazione, decide di tagliarli. Tutto normale fin qui, salvo il fatto che nessuno intorno a lui sembrerebbe rendersi conto del radicale cambiamento. Tutti coloro che lo conosco da anni, e la moglie per prima infatti, affermano di non averli mai visti, quei baffi, e che dunque sul suo viso niente è cambiato.
E’ il secondo libro che leggo di Emmanuel Carrère, e devo ammettere che mi innamoro sempre più. La prosa di questo grande scrittore francese contemporaneo è davvero stupenda e merita di essere letta. Esattamente come nel romanzo “La settimana bianca”, il ritmo de "I baffi" è come sempre incalzante, ed è pressoché impossibile non farsi rapire dalla storia. Questo romanzo sembra una totale follia, e anzi lo è. E’ il protagonista ad essere pazzo? Sono forse gli altri intorno a lui? Con lo scorrere delle pagine, per il lettore il confine tra il reale e l’immaginario diventa sempre più sottile, e la storia narrata precipita rapidamente in un vortice di follia, con un finale a dir poco scioccante.
Nonostante sia stato pubblicato quasi due secoli fa, nel 1830, “Il rosso e il nero” di Stendhal brilla ancora oggi come un immenso capolavoro della leNonostante sia stato pubblicato quasi due secoli fa, nel 1830, “Il rosso e il nero” di Stendhal brilla ancora oggi come un immenso capolavoro della letteratura europea. Impossibile infatti non farsi travolgere da questa magnifica opera del realismo francese, che mi ha indubbiamente catturato grazie alla sua narrativa affilata, ma soprattutto grazie al profondo e coinvolgente ritratto che l’autore dipinge dei suoi personaggi.
Il protagonista, Julien Sorel, è un personaggio eccezionale e a dir poco memorabile. Egli è un giovane di umile estrazione sociale, cresciuto nella campagna francese con ideali napoleonici e aspirazioni militari. Si trova all'inizio della sua età adulta durante il periodo della Restaurazione, immerso in un mondo caratterizzato dalla noia e dal grigiore, dalla corruzione e da privilegi obsoleti. Julien però è il perfetto arrampicatore sociale: un giovane avventuroso, calcolatore, dall’ambizione ardente, determinato a scalare fino alla vetta la società stratificata in cui vive. Per cercare di avanzare nella scala sociale che il suo orgoglioso e ambizioso spirito desidera, Julien non ha dunque altra scelta che abbandonare i sogni romantici e piegarsi all'ipocrisia che lo circonda, intraprendendo una carriera religiosa voluta dal padre, senza una vera vocazione, e condotta in un perpetuo gioco di maschere. Il raggiungimento dei suoi obiettivi è tutto ciò che conta, e con il proseguire dei capitoli non possiamo che assistere inermi ai suoi comportamenti sempre più astuti e opportunistici, che portano con sé le più svariate e tragiche conseguenze. Ciò che però a mio avviso colpisce, non è solo la complessità di Julien, ma soprattutto il suo ingegno e la sua capacità di adattarsi instancabilmente a tutte le circostanze in cui si ritrova. È un individuo che oscilla tra l'eroe e l'antieroe, intrappolato tra le sue aspirazioni e la realtà di una società che non gli permette di essere pienamente se stesso.
Ma "Il rosso e il nero" non è solo un romanzo di conflitto e ascesa sociale; è anche una storia d'amore particolarmente coinvolgente. La relazione tra Julien e Madame Rênal ad esempio, è una parte molto affascinante del libro, in quanto le passioni amorose dei personaggi si scontrano con le restrizioni sociali e religiose dell'epoca. Julien rappresenta in pieno l'ardente desiderio umano di amore e libertà, anche quando questo è costretto a vivere in un mondo che gli è decisamente ostile.
Il romanzo affronta inoltre il ruolo delle istituzioni, in particolare della Chiesa cattolica, nella società francese. Julien, che al principio si avvia deciso sulla strada ecclesiastica, è costantemente in conflitto con le rigide regole imposte dalla religione, il che aggiunge un ulteriore livello di complessità alla sua figura. Stendhal ci regala uno stile di scrittura asciutto e realista che permette al lettore di entrare profondamente nella mente di Julien, esplorando le sue emozioni e le sue motivazioni in modo molto particolareggiato. Questo stile offre una prospettiva psicologica che era particolarmente innovativa per l'epoca, e che rende ancora oggi la lettura coinvolgente e avvincente.
Questo romanzo rimane ancora oggi una testimonianza duratura del talento di Stendhal e della sua capacità di catturare l'essenza delle emozioni umane e della società del XIX secolo. Da amante dei classici della letteratura, non posso fare altro che consigliarlo vivamente....more
L'ottocento della letteratura francese non può che far rima con Victor Hugo. Questo infinito romanzo di oltre 1300 pagine è probabilmente uno dei più L'ottocento della letteratura francese non può che far rima con Victor Hugo. Questo infinito romanzo di oltre 1300 pagine è probabilmente uno dei più grandi capolavori mai scritti; un inno d'amore alla letteratura, che un genio tra mille fatiche ha donato per sempre all'umanità. Personaggi indimenticabili con storie tanto difficili quanto emozionanti, avventure, colpi di scena, brutalità e bellezza, il tutto immerso nel dettagliatissimo racconto di una Francia sconvolta da mille dirompenti eventi.
Ne "I Miserabili", Victor Hugo trasborda con la sua prosa eccessiva, esagerata, come se fosse un diluvio universale; una prosa ricca di frasi interrogative ed esclamative, metafore, sinestesie. Hugo è conosciuto per essere uno scrittore dall'impressionante capacità descrittiva: all'interno di quest'opera infatti troviamo delle descrizioni così vaste, che definirle titaniche sarebbe a dir poco riduttivo. Victor Hugo ci travolge con una valanga di personaggi, eventi e richiami; sono infinite le prefazioni, le parentesi, le digressioni presenti in quest'opera, eppure con tutti questi elementi l'autore riesce a darci non solo il romanzo, ma tutto l'universo di cui fa parte, con il suo contesto storico, politico, culturale e sociale della Francia dell'epoca.
Il popolo è il grande eroe di quest'opera. L'obiettivo di Hugo sembra quello di voler santificare la plebe perseguitata, il popolo che merita di redimersi rispetto alla terribile situazione in cui vive. L'intento è sicuramente nobile, ma il rischio che corre l'autore in alcune parti del testo è quello di scadere in un populismo spinto, in un racconto a tratti un po' stucchevole e melenso. Per fortuna però Hugo contrappone delle straordinarie e torbide descrizioni a questo insieme di storie strappalacrime (pensiamo ai capitoli sul "ventre di Parigi" riguardante le fogne della città), nonché un'ampia panoramica dei convulsi e tormentati anni di trasformazione della Francia tra gli anni 1815 e 1830.
Impossibile per ogni lettore non innamorarsi di Jean Valjean, un ex galeotto dall'animo buono e puro, che diventa il principale personaggio del romanzo. L'uomo che trova la forza di liberarsi dai propri demoni grazie alla benevolenza del vescovo Myriel, che ritrova la parte migliore di sé e la pone al servizio degli altri, in particolare della piccola Cosette. Un miserabile, un individuo povero ma che riesce a costruire la propria fortuna e che ama condividerla con gli altri. Jean Valjean, papà Madeleine, il signor Fauchelevent, molteplici nomi ma una sola, integra personalità: quella di colui che vive al servizio della proprio coscienza, duro con se stesso, generoso con il prossimo, che biasima con fermezza le proprie colpe e commette sommessamente semplici gesta eroiche. Il personaggio di Jean Valjean ricorda per tantissimi aspetti il Conte di Montecristo, tuttavia Jean, al contrario di Dantès, si prodiga per gli altri e non per se stesso, ritrovando la sua redenzione attraverso l'amore paterno; il sacrificio di Jean Valjean è inoltre ciò che rende possibile la redenzione di tutti gli altri personaggi del romanzo.
Profonda, estremamente triste e toccante è la storia di Fantine, donna travolta da terribili eventi che non conosce un solo giorno di gioia nella propria misera vita. E che dire di Gavroche? Un ragazzino costretto a crescere troppo in fretta, povero di denaro ma ricco di gentilezza, che pur essendo orfano è in grado di comportarsi come un padre. Bellissimo il personaggio dell'ispettore Javert, un uomo dai saldi principi morali, ma senza un briciolo di carità. Egli è il volto inflessibile della legge, che crede di incarnare gli ideali supremi della giustizia, ma in realtà ciò che rappresenta è la disciplina delle regole. Il percorso fatto da Javert nel romanzo è oggettivamente una delle parti più interessanti de "I Miserabili".
All'estremo opposto del bene troviamo invece i Thenardier, tra i personaggi più avidi e malvagi che la narrativa abbia mai creato, anch'essi miserabili, ma non di quelli che si ergono al di sopra della melma fangosa, che si innalzano con ciascuna fibra del proprio corpo per raggiungere la luce, bensì coloro che imparano a nuotare come pericolosi alligatori in quelle acque paludose e scure, che sopravvivono e non si curano di nessuno, se non di se stesso.
A mio avviso "I Miserabili” è un vero capolavoro della letteratura mondiale. E' impossibile non restare stregati da questa bellissima storia, con le sue mille ramificazioni, che la rendono un edificio dall’architettura davvero ineguagliabile, in cui si mescolano il male e il bene, la dannazione e l’utopia di una redenzione; una redenzione che passa dall'ingiusto al giusto, dal falso al vero, dalla notte al giorno, dall'appetito alla coscienza, dal fermento alla vita, dalla bestialità al dovere, dall'inferno al cielo. Tutta l'umanità è tra le pagine di questo straordinario romanzo di Victor Hugo....more
"Ventimila leghe sotto i mari" venne scritto dal francese Jules Verne a metà dell'ottocento, in seguito ad una visita all'Esposizione Universale di Pa"Ventimila leghe sotto i mari" venne scritto dal francese Jules Verne a metà dell'ottocento, in seguito ad una visita all'Esposizione Universale di Parigi del 1867, dove lo scrittore ebbe modo di esaminare il sottomarino Plongeur.
La storia narrata trasuda avventura già dalle prime pagine: tutto inizia con un misterioso mostro marino che sembra aver affondato tutte le navi incontrate lungo il suo percorso. Il professor Pierre Aronnax, celebre naturalista, viene chiamato a prendere parte alla spedizione incaricata di trovare il terribile mostro, e assieme al suo fedele servitore Conseil, si imbarca sull'Abraham Lincoln, la fregata allestita dalla Marina degli Stati Uniti per l'impresa. Dopo molti mesi di navigazione infruttuosa, la fregata incrocia finalmente il famigerato mostro nelle acque del Giappone, e con grande sorpresa di tutti, si scopre che non si tratta affatto di un mostro, bensì del Nautilus, un sottomarino costruito e governato dal capitano Nemo. Da qui prende il via uno straordinario viaggio nelle profondità degli oceani, alla scoperta di città perdute e creature fantastiche.
"Ventimila leghe sotto i mari" è un romanzo di avventura con una trama avvincente e interessante, e la lettura scorre anche abbastanza bene all'inizio del racconto; tuttavia la restante parte del libro è talmente tanto intrisa di lunghi elenchi di nomi scientifici e particolareggianti descrizioni tecniche, indubbiamente utili all’allestimento scenografico, che alla fine l'opera diventa un pesantissimo pranzo di Natale da digerire.
Jules Verne cerca di raccontare nel dettaglio, e con grande abilità, ciò che gli avventurieri incontrano e vedono durante l'esplorazione degli oceani; ad esempio la descrizione accurata e impressionante del sottomarino del capitano Nemo, il Nautilus, precorre addirittura il suo tempo, riuscendo ad anticipare con straordinaria precisione varie caratteristiche dei sottomarini odierni, se comparate alle primitive navi degli anni sessanta del XIX secolo, epoca in cui venne scritto il romanzo. Passato il capitolo sulla descrizione del Nautilus però, mi aspettavo più leggerezza, e invece ho avuto l'impressione di leggere un trattato scientifico ottocentesco sugli oceani. Per carità, qualcuno può anche trovarlo interessante, ma per me è stata una noia pazzesca.
Mi è piaciuta molto invece la caratterizzazione dei personaggi: ognuno ha un certo spessore psicologico ed una coerenza dall’inizio alla fine del romanzo. Senza dubbio, la tematica è tutt’ora affascinante, e l’idea di visitare le profondità marine e di vivere isolati dal mondo è intrigante e desta curiosità. Altro aspetto interessante del romanzo è sicuramente l'idea che scaturisce nel lettore, soprattutto moderno, dell'importanza della protezione ambientale e della salvaguardia degli oceani, così ricchi di vita e necessari per il funzionamento del nostro pianeta. Il racconto fatto attraverso la figura del capitano Nemo, così avverso al resto del mondo e degli esseri umani, con cui non vuole avere nulla a che fare, è un esempio di come alcuni rifiutino la pesante impronta umana lasciata sul nostro pianeta, ricercando nel contatto diretto con la natura la via smarrita dall'uomo. Nonostante ciò, per il suo aspetto troppo scientifico e la lentezza della narrazione, non mi sento di consigliare questa lettura, se non ad appassionati del genere. ...more
La meraviglia che ho provato guardando per la prima volta la cattedrale di Notre-Dame de Paris e che si ripropone ogni volta che nel tempo libero passLa meraviglia che ho provato guardando per la prima volta la cattedrale di Notre-Dame de Paris e che si ripropone ogni volta che nel tempo libero passeggio da quelle parti, è esattamente la stessa che ho provato leggendo (finalmente!) questo romanzo.
Ambientato nel 1482, la storia si apre con le vidence di un gruppo di zingari che giunge a Parigi accampandosi nella famosa “Corte dei Miracoli”. Tra questi, la giovane e bellissima Esmeralda causa non pochi problemi in città, facendo letteralmente perdere la testa a Claude Frollo, arcidiacono della cattedrale di Notre-Dame, e Quasimodo, il gobbo e sordo campanaro dall’aspetto ripugnante.
Ciò che più mi ha colpito durante la lettura è che il romanzo è molto lontano da tutte le principali trasposizioni conosciute, dalla versione Disney del 1996 a quelle teatrali. La trama è molto più cupa e cruda rispetto a ciò che comunemente conosciamo attraverso la versione animata, e anche i personaggi, alcuni dei quali totalmente inesistenti nelle versioni cinematografiche, si distinguono per azioni assurde e spesso molto violente.
La prima parte del libro avanza un po’ lentamente a causa di diverse digressioni, ma è proprio qui che Victor Hugo sfoggia tutta la sua maestria nel raccontare e descrivere la Parigi del 1482, confrontandola con la città dell’epoca in cui scrive. I due capitoli che compongono il libro terzo sono di una bellezza disarmante: proprio in queste pagine infatti, Hugo descrive minuziosamente la cattedrale di Notre-Dame e ci porta poi in volo sulla città di Parigi, raccontandoci la sua storia ed ogni singolo importante edificio che la compone. I capitoli che introducono i personaggi, in particolare Frollo, Quasimodo ed Esmeralda, sono anch’essi un profondo piacere per qualsiasi lettore. La straordinarietà di Victor Hugo raggiunge poi l’apice nel capitolo in cui si racconta il legame tra Quasimodo e le campane della cattedrale. La seconda parte del libro, molto più dinamica e veloce, travolge invece il lettore con un grande sentimentalismo e la struggente passione tipica del romanticismo, accompagnandolo verso una tragica fine.
Questo è sicuramente un romanzo che tutti gli amanti di Parigi e della sua storia non possono assolutamente perdere....more
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