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| 1886
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Io amo profondamente la letteratura russa, perché ti entra dentro e non ti lascia più andare. Quando termino un grande classico russo, ho sempre l'imp
Io amo profondamente la letteratura russa, perché ti entra dentro e non ti lascia più andare. Quando termino un grande classico russo, ho sempre l'impressione che l'esperienza di lettura non sia terminata avendo riposto il volume nella libreria di casa. Per giorni, settimane, mesi, e a volte anche anni, questi romanzi e questi scrittori mi fanno riflettere, e mi tormentano con questioni esistenziali. E' anche il caso di questa breve novella di Lev Tolstoj, pubblicata nel 1886, che offre una profonda riflessione sulla vita, la morte e il senso dell'esistenza umana, e che rappresenta uno dei più grandi esempi della capacità di Tolstoj di esplorare le questioni morali e filosofiche attraverso la narrazione. Le vicende narrate ruotano intorno alla figura di Ivan Il'ič Golovin, un giudice di corte di mezza età che conduce una vita ordinaria, apparentemente soddisfacente e conformista. Tuttavia, la sua esistenza viene sconvolta quando scopre di essere affetto da una malattia incurabile; un evento catastrofico che porta Ivan Il'ič a una dolorosa presa di coscienza della propria mortalità e della vacuità della sua vita fino a quel momento. Tolstoj, con la sua straordinaria maestria narrativa, ci conduce all'interno del mondo interiore del protagonista, rivelando il processo di lenta disintegrazione fisica e psicologica che Ivan Il'ič sperimenta. La malattia non è solo una condizione fisica, ma diventa un simbolo della crisi esistenziale che lo consuma. Ivan si rende conto che la sua vita, basata su valori superficiali come il successo professionale, il denaro e il rispetto sociale, è stata priva di vero significato. La scrittura di Tolstoj è potente e penetrante. Ogni parola sembra essere accuratamente scelta per catturare l'intensità delle emozioni di Ivan e per riflettere il suo graduale avvicinarsi alla consapevolezza della verità della propria esistenza. La descrizione dei suoi ultimi giorni è struggente e rende con straordinaria vividezza il senso di angoscia, solitudine e disperazione che lo pervade. Tuttavia, è proprio attraverso questa profonda sofferenza che Ivan alla fine riesce a raggiungere una sorta di liberatoria epifania spirituale. "La morte di Ivan Il'ič" è un romanzo breve che non solo racconta la storia di un uomo, ma esplora l'esperienza universale della morte e del significato della vita, e lo fa con una tale profondità emotiva e intellettuale che rimane impresso nella mente e nel cuore del lettore anche molto tempo dopo aver girato l'ultima pagina. In questa edizione gli Adelphi infine, è presente anche il racconto "Tre morti", che esplora allo stesso modo il tema della morte attraverso le esperienze di tre personaggi diversi: una nobildonna, un contadino e un albero. Tolstoj mette a confronto i diversi modi in cui le persone affrontano la morte, evidenziando le contraddizioni tra la vita artificiale e ipocrita della nobiltà e la vita semplice e naturale del contadino. L'albero invece, che muore anch'esso nel racconto, simboleggia la connessione profonda con la natura e la ciclicità della vita. Con il suo stile sobrio ma profondamente evocativo, Tolstoj ci invita a riflettere sulla mortalità e su come il nostro atteggiamento verso la vita influenzi inevitabilmente il modo in cui affrontiamo la fine. Una lezione sulla dignità e sull'accettazione della morte come parte integrante della vita. ...more |
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Aug 04, 2024
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Aug 05, 2024
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Aug 05, 2024
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Paperback
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| 8838901848
| 9788838901843
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| 3.85
| 4,400
| 1859
| 1981
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29/02/2024 - E' bellissimo, ma devo assolutamente rileggerlo perché l'ho affrontato in un momento poco "fertile" e non gli ho dato l'attenzione che me
29/02/2024 - E' bellissimo, ma devo assolutamente rileggerlo perché l'ho affrontato in un momento poco "fertile" e non gli ho dato l'attenzione che merita. 04/06/2024 - Ho riletto questo romanzo prendendomi un po' più di tempo e gustandomelo al massimo, e devo dire che le mie impressioni della prima lettura non sono state solo confermate, ma addirittura superate. E' un romanzo molto poco conosciuto di Fëdor Dostoevskij, ma assolutamente brillante: una piccola gemma preziosa che offre uno sguardo affascinante e satirico sulla società russa del XIX secolo. La storia è ambientata nel villaggio rurale di Stepancikovo, dove il protagonista, Sergej Aleksandrovič, viene chiamato dallo zio, il colonnello Egor Il'ič Rostanëv, per risolvere alcune importanti questioni familiari. Il colonnello Rostanëv è una figura bonaria, ma molto debole, che ha ceduto il controllo della sua casa e della sua vita al terribile Foma Fomič Opiskin, un ex servitore che ha guadagnato un'influenza sproporzionata in casa, e tra le persone che gravitano intorno alla famiglia, grazie alla sua astuzia e alla sua capacità di manipolazione. Il pietroburghese Sergej, narratore e protagonista del romanzo, è un giovane educato e di buoni principi, che una volta giunto a Stepancikovo inizia a fare l'impossibile per aiutare lo zio a riprendere il controllo della propria casa e della propria vita. Lo zio Egor è una persona generosa e gentile, ma priva di qualunque forza di volontà, incapace di imporsi e dire la sua. La sua debolezza lo rende così vulnerabile alle manipolazioni di Foma Fomič da farlo apparire come un vero e proprio burattino. Ma su tutti gli strampalati e goffi personaggi di questo romanzo non può che risaltare Foma Fomič Opiskin, il principale antagonista. Foma Fomič è un personaggio grottesco e comico, che non ha mai concluso nulla nella vita. Vuoto e inconcludente, egli riesce a conquistare il pubblico femminile grazie alle sfumature mistiche del suo carattere, e nonostante sia un personaggio dall'ego smisurato (ad essere gentili), tutti gli si sottomettono senza battere ciglio, permettendogli di spadroneggiare e controllare le loro vite. Questo incredibile personaggio di Dostoevskij rappresenta una critica feroce alle ipocrisie e alle falsità della società russa dell'epoca. Dostoevskij infatti usa il villaggio di Stepancikovo come microcosmo per criticare la società russa del suo tempo. Attraverso personaggi grotteschi e situazioni paradossali, l'autore mette in ridicolo le pretese e le ipocrisie della nobiltà e della borghesia. Il colonnello Rostanëv rappresenta la bontà senza forza, un tema ricorrente in Dostoevskij. La sua incapacità di opporsi a Foma Fomič riflette una più ampia meditazione sulla vulnerabilità dell'essere umano. Nonostante il tono profondamente satirico, il romanzo esplora anche temi di redenzione e moralità, specialmente attraverso l'evoluzione dei personaggi che cercano di ristabilire l'ordine e la giustizia nel villaggio. "Il villaggio di Stepancikovo" è caratterizzato da uno stile molto vivace e da dialoghi davvero folli e brillanti. Dostoevskij utilizza l'umorismo e la satira per rendere le situazioni assurde e paradossali, ma senza mai perdere di vista la profondità dei temi trattati. La sua combinazione di satira sociale e introspezione psicologica lo rende un romanzo unico nel panorama della letteratura russa. Mi sento di consigliare questo romanzo a tutti, ma in particolare a coloro che desiderano approcciare il grande Dostoevskij per la prima volta ed esitano di fronte ad opere più corpose e voluminose. ...more |
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May 28, 2024
Feb 26, 2024
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Jun 04, 2024
Feb 29, 2024
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Feb 26, 2024
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Paperback
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| 8845928802
| 9788845928802
| 8845928802
| 4.05
| 1,107
| 1965
| Mar 19, 2014
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4.5 Prima di ogni altra cosa, devo dire quanto io ami perdutamente Vasilij Grossman, la sua magistrale scrittura e i suoi straordinari romanzi. Mi manc 4.5 Prima di ogni altra cosa, devo dire quanto io ami perdutamente Vasilij Grossman, la sua magistrale scrittura e i suoi straordinari romanzi. Mi mancano solo tre libri per completare tutte le sue opere, e già la sola idea di aver letto quasi tutto di questo autore, mi deprime. Credo che ad un certo punto li rileggerò tutti da capo. Nel 1961, Vasilij Grossman (1905-1964), dopo che il KGB aveva confiscato la sua epica e monumentale dilogia composta da “Stalingrado” e "Vita e destino", intraprende un viaggio in Armenia, dove era atteso per tradurre in russo l'opera di un autore locale, Martirosjan. Durante il soggiorno a Erevan e nei dintorni, Grossman annota le sue impressioni di viaggio, che diventano il fulcro di un racconto di oltre cento pagine, da cui prende il titolo questo volume edito da Adelphi. Oltre a descrivere in maniera eccezionale luoghi e persone, tanto da farti venire voglia di prendere una valigia e partire per l’Armenia, Vasilij Grossman getta uno sguardo ampio sul mondo in generale. Lo scrittore riflette infatti sulle etnìe, sulle migrazioni e sull’idea di superiorità del carattere nazionale che i popoli – in questo caso i russi – devono necessariamente abbandonare per riuscire a dimostrare la propria dignità e grandezza. Una pia illusione questa, come i cinquant’anni successivi hanno ampiamente dimostrato. Con un tono ironico e disilluso, riflette sulle esperienze di una vita che si avvicina ormai alla conclusione, tanto che "Il bene sia con voi!" può essere considerato una sorta di testamento dello scrittore. Grossman infatti morirà tre anni dopo per un cancro allo stomaco, senza sapere che in realtà i manoscritti della sua dilogia sono stati salvati e portati all’estero, dove verranno pubblicati anni dopo. Gli altri otto racconti presenti in questo volume spaziano in modo eterogeneo tra il 1943 e il 1963. Per bellezza della prosa e profondità degli argomenti trattati spiccano sicuramente “Il vecchio maestro”, un durissimo racconto ambientato tra gli ebrei di un'Ucraina occupata dai nazisti; “La Madonna Sistina”, che è una riflessione ispirata al ritorno in Germania del dipinto di Raffaello trafugato dai sovietici, che evocando l'orrore dell'Olocausto, lo confronta con l'immagine di una giovane madre che tiene il figlio tra le braccia, esattamente come nel famoso dipinto di Raffaello. “La Madonna è entrata a piedi nudi, a passo lieve, nella camera a gas, stringendo il figlio tra le braccia…” Bellissimo anche “Fosforo” in cui Grossman rievoca la sua vita da studente a Mosca e i suoi amici, “una studentesca aristocrazia spirituale”, che sarebbero tutti poi divenuti brillanti scienziati, artisti, filosofi ed economisti; tutti tranne uno: il figlio di un modesto guardaboschi ebreo, Krugljak, collega di facoltà di Grossman; un uomo buono, generoso, semplice ed impacciato e quindi anche vittima degli scherzi della allegra brigata di amici. Altri racconti descrivono invece la dura vita in Russia durante lo stalinismo, caratterizzata da egoismo, corruzione e timore delle repressioni. In "Riposo eterno", il cimitero diventa una metafora della società, mentre tenero e divertente è “La strada”, in cui la mostruosità della guerra è raccontata attraverso le vicissitudini di un mulo in servizio a un reggimento d’artiglieria italiano. Se volete leggere Vasilij Grossman e siete spaventati dalla mole del suo capolavoro assoluto (la dilogia formata da Stalingrado + Vita e Destino), potete inziare da “Tutto scorre…” e “L’inferno di Treblinka”. ...more |
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Jan 23, 2024
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Jan 29, 2024
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Feb 25, 2023
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Paperback
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| 8804740760
| 9788804740766
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| 1825
| Sep 07, 2021
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3,5 Celebre opera in versi scritta dal poeta russo Alexander Puškin nella prima metà dell'800, "Evgenij Onegin" è considerato uno dei capolavori della 3,5 Celebre opera in versi scritta dal poeta russo Alexander Puškin nella prima metà dell'800, "Evgenij Onegin" è considerato uno dei capolavori della letteratura russa e un'opera fondamentale del periodo romantico. Onegin è un giovane aristocratico russo annoiato e cinico che eredita una proprietà di campagna da uno zio defunto. Egli trasferisce nella campagna e si scontra con il giovane poeta Vladimir Lenskij, il suo migliore amico, che è profondamente innamorato di Olga, la sorella di una vicina di casa, Tatjana. Tatjana, una ragazza timida e romantica, si innamora perdutamente di Onegin al primo incontro, a cui scrive una commovente lettera d'amore. Lui tuttavia la rifiuta gentilmente, dicendole che non è pronto per il vero amore. A seguito di un tragico duello, momento di svolta nel poema, il protagonista si trova ad affrontare una profonda riflessione sulla propria vita e le sue azioni passate. Dopo anni trascorsi in viaggi all'estero e una serie di esperienze personali, Onegin torna in Russia e finalmente convintosi di essere innamorato di Tatjana, cerca e incontra nuovamente la donna, che però è ormai andata in sposa ad un altro uomo. Quest'opera del grande Aleksandr Puškin, padre della letteratura russa, è una critica alla società aristocratica dell'epoca, ed enfatizza la noia e la frivolezza che caratterizza la classe alta. Personalmente ho apprezzato molto l'attenzione che l'autore pone nella descrizione dei luoghi, ma soprattutto dei personaggi: Onegin è un elemento complesso, cinico e disincantato, che rappresenta in pieno la mancanza di scopo della sua classe sociale. La sua lenta evoluzione e il suo pentimento alla fine del poema, mostrano la possibilità di cambiamento e di crescita personale. Tatjana invece è un totale contrasto a Onegin: è un'idealista, una romantica, e rappresenta l'innocenza e la purezza. La sua lettera d'amore a Onegin è uno dei pezzi più celebri del poema e cattura l'essenza del suo personaggio. Il duello invece, simboleggia la tragedia e il costo delle azioni superficiali e irresponsabili. La morte dell'amico di Onegin segna per l'appunto un momento di perdita e rimorso per lo stesso protagonista. La tragedia, la perdita, il rimpianto: tutti elementi tipici della letteratura romantica. Nel complesso, Puškin esplora temi profondi come l'amore, il rimorso, l'identità personale e la condizione umana. La struttura narrativa del poema, con la sua miscela di poesia, prosa e digressioni, è un esempio di innovazione letteraria e sperimentazione formale che ha influenzato generazioni di scrittori successivi. L'opera infatti ha avuto un impatto duraturo sulla letteratura russa e continua a essere studiata e apprezzata per la sua profondità e la sua bellezza letteraria. Per me è stata una lettura molto piacevole, anche se non semplicissima; un salto indietro in quel passato russo che da sempre mi affascina. ...more |
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Sep 15, 2023
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Sep 19, 2023
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Feb 25, 2023
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Paperback
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| 884592761X
| 9788845927614
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| 4.13
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| 1842
| Feb 2013
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Se con “Le anime morte” mi aveva fatto un po’ storcere il naso, con i “Racconti di Pietroburgo” Nikolaj Gogol mi ha totalmente rapito cuore e anima. Q
Se con “Le anime morte” mi aveva fatto un po’ storcere il naso, con i “Racconti di Pietroburgo” Nikolaj Gogol mi ha totalmente rapito cuore e anima. Questa raccolta, scritta nella prima metà dell’800, è probabilmente la più celebre della letteratura russa. Con inarrivabile genialità, nei cinque racconti che fanno parte di questo volume, Gogol ci narra svariati aspetti della rigida società russa, e lo fa offrendoci qualcosa di totalmente inedito per il suo tempo, qualcosa che segnerà per sempre la letteratura dei decenni successivi. Uscendo totalmente dagli schemi di un mondo che rischiava di diventare per lui troppo opprimente, l’autore infatti si rifugia nel visionario, nel soprannaturale e nell’immaginario per narrarci la vita quotidiana degli abitanti di Pietroburgo. Seguendo l’ordine presentato dall’edizione Adelphi che possiedo, il primo racconto è “Il naso”, un vero e proprio emblema per il genere fantastico. Straordinaria critica sociale attraverso l’ironia tipica di Gogol, questo racconto ci mostra come una società si focalizzi solo ed esclusivamente sulle apparenze; con un personaggio, il maggiore Kovalev, che si ritrova improvvisamente senza naso, e quindi senza la propria dignità di fronte alla società in cui vive e nella quale svolge un ruolo importante. Se il maggiore Kovalev perde la sua condizione sociale, il suo naso invece ne acquisisce una tutta sua, visto che se ne va in giro da solo per Pietroburgo con tanto di divisa e gradi dell’esercito, e proprio grazie a questi elementi che indossa non viene riconosciuto da nessuno. Il messaggio qui è forte e chiaro: la società non necessità di nient’altro oltre al titolo e all’apparenza per accettarti. Non importa chi tu sia davvero, ma ciò che mostri esternamente e rappresenti. “Il ritratto” è invece la storia di un patto tra il demonio, che agisce attraverso un dipinto, e un abilissimo pittore di nome Cartkov. Qui troviamo tutta l’essenza del rapporto tra un artista e la sua creazione, e il dilemma che si presenta quando il pittore abbandona la propria creatività artistica per dedicarsi come una macchina a produrre ritratti su commissione solo per un tornaconto economico. C’è tanto dramma dietro al racconto, ma anche tanta critica sociale verso una società completamente ossessionata dal denaro. “La Prospettiva” è il terzo racconto di questa raccolta, ed è dedicato alla famosa Prospettiva Nevskij, una delle principali arterie della città di Pietroburgo. Qui Gogol affronta il tema della disillusione, ovvero di come questa città abbia il potere di stregarti, ammaliarti e farti sognare ad occhi aperti, come lui fa con il lettore nelle prime pagine del racconto, per poi disintegrare tutto e risvegliarti di colpo con una bella doccia gelata. Ho trovato semplicemente meravigliosa la descrizione di questa strada che brulica di vita all’inizio del racconto: in questa parte Gogol si supera del tutto, offrendoci un dipinto estremamente ricco e variegato della città. Pura poesia. Anche nel “Il giornale di un pazzo” troviamo un’altra feroce critica alla società pietroburghese dell’epoca. Il protagonista è infatti un personaggio che fatica ad accettare di stare all’interno di una società rigida, che non lo apprezza e riconosce per le qualità umane, ma solo ed esclusivamente per la funzione che svolge, il grado che possiede, il lavoro che ha. Egli stesso prova a stare al gioco, prova ad adattarsi, ma soffre indicibilmente per la sua infima condizione sociale. Questa esasperante situazione porta il protagonista, un vero anti eroe, a sprofondare nella più totale follia; la follia come unica via d’uscita per poter evadere dalla frustrazione che vive quotidianamente. Il racconto è tutto in prima persona e si svolge attraverso le pagine di un diario scritto dallo stesso protagonista. A dir poco sublime. “Il mantello”, conosciuto anche come “Il cappotto”, è il racconto molto commovente di un semplice e umile impiegato, Akakij Akakievic; un uomo insignificante persino nel nome che gli è stato dato, che viene deriso per la mancanza di mezzi economici e per la sua irrilevanza sociale. Il protagonista cerca di investire i propri soldi per farsi fare un nuovo cappotto dal sarto e da qui la storia evolve in maniera del tutto inattesa. In questo racconto troviamo un personaggio inetto, sconfitto dalla vita, che deve fare di tutto e di più per ritagliarsi uno spazio all’interno della società in cui vive e raggiungere le attese imposte dagli altri. Gogol qui è così magistrale da riuscire ad anticipare di decenni tutti quegli elementi che saranno il fulcro fondamentale nei romanzi di svariate correnti letterarie europee, tra cui il verismo italiano. Unico neo di questa edizione Adelphi è senza dubbi la traduzione un po’ datata (del 1940), tuttavia ho apprezzato la presenza di un’appendice con due racconti extra: “Pietroburgo 1836” in cui troviamo un sublime e poetico confronto tra Mosca e Pietroburgo, e il frammento di un racconto mai terminato intitolato “Roma”. Che dire di più? Se penso che questi scritti hanno ormai duecento anni mi vengono i brividi. Unico, inimitabile, straordinario Gogol. Che meraviglia! ...more |
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Nov 21, 2023
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Nov 28, 2023
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Feb 25, 2023
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Paperback
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| 8806234870
| 9788806234874
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Oblòmov narra la storia di un giovane uomo estremamente pigro che trascorre le sue giornate a letto. È un soggetto indolente, costantemente assistito
Oblòmov narra la storia di un giovane uomo estremamente pigro che trascorre le sue giornate a letto. È un soggetto indolente, costantemente assistito da Zachar, il suo fedele servo che lo ha cresciuto fin da bambino. Anche Zachar è esausto quanto il suo padrone, e nonostante vivano in un appartamento elegante a Pietroburgo, l'interno si direbbe quasi in stato di abbandono. Le notizie che giungono dalle lontane proprietà terriere che ha ereditato dalla propria famiglia sono pessime, e a questa preoccupazione si aggiunge anche quella relativa all’appartamento in affitto in cui vive Oblòmov, e dal quale dovrà a breve andarsene su richiesta del padrone di casa. Sono problemi che pesano come immensi macigni sull’animo pigro del protagonista, che si sente completamente sopraffatto dagli eventi. Tutto intorno a lui richiede di continuo, e in maniera disperata e urgente un cambiamento, un miglioramento, un'accelerazione di tale apatia, ma nulla riesce a smuovere il pigrissimo Oblòmov. Il protagonista è intrappolato in una condizione di agiatezza nel quale è cresciuto, e che non richiede alcun tipo di sforzo, impegno o responsabilità. Zachar cerca in maniera goffa di aiutare il padrone, di scuoterlo, ma i tentativi non portano a nulla. L'autore riesce a ritrarre in maniera a dir poco eccelsa il divertente e quanto mai ironico legame tra i due personaggi, elemento che risulta essere tra le parti più belle e interessanti di questo romanzo. Anche Stolz, vecchio amico di infanzia di Oblòmov, che occasionalmente e regolarmente fa visita a casa sua, tenta di smuovere il protagonista, svegliandolo dal suo torpore, ma è tutto inutile. Ed è lo stesso Stolz a coniare il termine "oblomovismo": una condizione ideale, un'utopia che evita ogni tipo di turbamento, anche il più elementare. Neanche l’amore sembra attecchire sul pigrissimo e apatico Oblòmov; ogni sforzo è semplicemente inutile. Oblòmov non appartiene a questo mondo così attivo, così pieno di problemi e preoccupazioni: tutto turba la sua pace interiore, e lui non desidera essere disturbato. Questo romanzo di Ivan Gončarov è stato una lettura davvero piacevole, scorrevole e a tratti anche molto divertente. Non ho dato il massimo del punteggio per alcuni passaggi un po’ prolissi, ma ne consiglio vivamente la lettura. ...more |
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Jun 27, 2023
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Jul 02, 2023
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Feb 04, 2023
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Paperback
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| 884591254X
| 9788845912542
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| 3.88
| 874,601
| Sep 1955
| 2012
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Non posso dire se "Lolita" sia o meno il capolavoro assoluto di Vladimir Nabokov perché ahimè non ho ancora letto le altre opere di questo grande scri
Non posso dire se "Lolita" sia o meno il capolavoro assoluto di Vladimir Nabokov perché ahimè non ho ancora letto le altre opere di questo grande scrittore russo; tuttavia posso affermare con assoluta certezza che si tratta di un grandissimo classico del '900. L'incipit e le prime pagine di questo romanzo sono di una bellezza semplicemente folgorante: il linguaggio è profondo, lo stile elegante e il lessico particolarmente ricco e curato; tutti elementi così unici da far venir voglia di alzarsi in piedi in mezzo ad una folla e leggere ad alta voce. Sarebbe difficile, per chi non ne è stato testimone, immaginare oggi la violenza dello scandalo internazionale e l'oltraggio collettivo che Lolita provocò alla sua pubblicazione nel 1955. Lolita, questa "ninfetta", geniale invenzione linguistica di Nabokov, è la più abbagliante apparizione moderna della ninfa, uno di quegli esseri quasi immortali, che furono i primi ad attirare il desiderio degli dèi dell'Olimpo verso la terra e a invadere la loro mente con la possessione erotica. Perché chiunque sia "catturato dalle Ninfe", secondo i Greci, è travolto da una sottile forma di delirio, lo stesso che coglie il professor Humbert Humbert per la piccola, profondamente americana Lolita. "Lolita" ricostruisce un dramma, un diario-confessione in cui il protagonista, il professor Humbert Humbert, scava nei recessi della sua memoria da che aveva coscienza fino agli ultimi fatti della sua disordinata vita per raccontarci della sua psicosi, della sua ossessione per le “ninfette”, ovvero le bambine dai 9 ai 14 anni. Impossibile per qualsiasi lettore contemporaneo non pensare immediatamente alla parola "pedofilo" dopo appena qualche pagina. E legalmente Humbert è un pedofilo, ma lo resta nel pensiero, perché in realtà non ha mai avuto intenzione di violentare fisicamente una bambina. E "Lolita" non è un libro sulle memorie di un pedofilo, sarebbe come fare un gravissimo torto a questo bellissimo romanzo, e all’autore che ha impiegato diversi anni per la sua scrittura. "Lolita" ci narra di questo rapporto d'amore distorto, passionale sì, ma distorto, e allo stesso tempo dell'ambiguo conflitto tra il sogno e la disillusione, della vanità del sogno stesso. Nabokov ha la straordinaria capacità di trattare superficialmente un tema particolarmente morboso, evitando però di cadere nello squallore e nella perversione. Restando in questa sorta di ambiguità rispetto al proprio desiderio sessuale, l'autore porta il romanzo a farci cogliere la visione appieno di un uomo che si è ritrovato con le proprie ossessioni distrutte in mille pezzi. Humbert cerca di stare simpatico al lettore, ma non ci riesce, perché ai nostri occhi risulta come un malato approfittatore, con una passione distorta, pronta a gesti assolutamente non condivisibili, che si fa sentire con insistenza. Il lettore viene accompagnato da questa splendida prosa a riflettere sui rapporti umani, e in particolare alla diatriba tra Humbert e se stesso. Assistiamo ad una vera e propria lotta interna, ad una riflessione su cosa si è, su cosa si vuole essere. La caratterizzazione del vecchio Humbert è qualcosa di magistrale: il suo lento e inesorabile sprofondare nella disperazione e poi nella follia è qualcosa di unico, che lo si può solo paragonare alle descrizioni psicologiche dei grandi classici russi. Particolarmente interessante è anche ciò che il lettore percepisce durante il viaggio on the road fatto da Humbert e Lolita: gli stessi protagonisti della storia sanno che in fondo si tratta di un viaggio inutile; loro sono pienamente consapevoli che questo amore malato non si realizzerà mai, non solo perché hanno tutti contro, ma perché sono innanzitutto loro ad essere contro se stessi. E’ un grande e tragico divertissement, che gioca su un tema urticante e scabroso, sui nomi, sullo snobismo e sulla vanità del protagonista, che in più punti non ci risparmia sviolinate alla sua avvenenza e alla sua prorompente virilità, largamente, a suo dire, al di sopra della media. Nabokov oscilla continuamente tra moralità e immoralità, tra comicità e drammaticità; tutto è ben dosato, mai stridente. Sicuramente un grande classico della letteratura che non può mancare nella libreria di casa. ...more |
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May 12, 2023
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May 17, 2023
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Jan 29, 2023
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Paperback
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| 8806224727
| 9788806224721
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| 31,386
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| 2014
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La vicenda si snoda durante un viaggio in treno. Tra i passeggeri di un vagone inizia un’animata discussione sull’amore e sui suoi princìpi fondanti,
La vicenda si snoda durante un viaggio in treno. Tra i passeggeri di un vagone inizia un’animata discussione sull’amore e sui suoi princìpi fondanti, sul ruolo dell’uomo e della donna, e sull’unione coniugale tradizionale, che deve destreggiarsi tra ipocrisia, gelosia, sospetti e tradimenti. Pozdnyšev, uno dei personaggi, ritrovatosi infine da solo con il narratore, decide di raccontare la propria storia, rivelando però un terribile segreto. La forza espressiva di questo romanzo breve, di appena cento pagine, è interamente racchiusa in un lungo monologo, attraversato da un tema univoco: il fallimento dell’istituzione matrimoniale. Qui il matrimonio è classificato a tomba dell’amore, tripudio di infelicità ed oppressione, somma di particolarismi, un vortice inarrestabile di egoismo estremizzato e di costante tormento. E' un lavoro che mostra un Tolstoj diverso da quello di “Anna Karenina” o di “Guerra e pace”, un autore tenacemente impegnato ad esprimere il proprio credo in tema moralistico e religioso. Lo scompartimento di un treno diviene il confessionale per un uomo segnato nella vita da un gesto efferato di cui ha bisogno di raccontarne la genesi ad un compagno di viaggio occasionale. Il monologo affidato alla bocca del protagonista è a dir poco grandioso, in quanto Tolstoj utilizza questa voce inarrestabile per affermare le proprie idee. Nella brevità della narrazione, l’autore mette a nudo un uomo solo e torturato da ricordi e pensieri ossessivi, un uomo che non cerca comprensione nel prossimo, ma che esonda come un fiume in piena, inanellando immagini della propria giovinezza, dell'età adulta, delle esperienze amorose e familiari. Un fluire di ricordi per spiegare la razionalità delle proprie posizioni e dei comportamenti tenuti, razionalità che si frange come un'onda impetuosa sulla scogliera della passione e dell'istintività. Il racconto vive di un incessante crescendo emozionale, di attesa, sentimenti contrastanti, dolorosi ricordi, speranze ormai vane, di necessità e gioia nella propria terribile crudeltà, per una catarsi inevitabile alimentata dal delirio cosciente del protagonista. Un turbinio di parole, gesti, emozioni, ed una mano che arma il protagonista, invasato, delirante, sospinto da forze estranee, vittima designata di un gesto estremo che non è così cosciente di volere compiere fino in fondo. L’esito è un racconto senza pause, costruito su temi piuttosto antiquati ed obsoleti, impensabili per i tempi moderni, ma che comunque rapisce e tiene incollati alla sedia, perché la grandezza della scrittura di Tolstoj è senza tempo. BELLISSIMO! ...more |
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Feb 06, 2023
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Feb 06, 2023
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Jan 29, 2023
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Lo ammetto, ero molto spaventato dall’affrontare questa lettura perché si tratta probabilmente di uno dei romanzi più temuti dalla maggior parte dei l
Lo ammetto, ero molto spaventato dall’affrontare questa lettura perché si tratta probabilmente di uno dei romanzi più temuti dalla maggior parte dei lettori. Vuoi per la sua importante mole (in questa edizione Einaudi sono 1560 pagine), vuoi per la vastità dei temi trattati, vuoi per sentito dire, “Guerra e Pace” è considerato dai più come un enorme “mattone”, e la sua lettura un’impresa titanica. Spinto dalla curiosità e dall’esperienza vissuta con i meravigliosi romanzi russi letti quest’anno, in particolare “Stalingrado” e “Vita e destino” di Vasilij Grossman, mi sono finalmente avventurato tra le pagine di questo libro, trovandomi davanti ad un capolavoro senza tempo. Dal mio modesto punto di vista, questo è IL romanzo: un’opera davvero unica e straordinaria, che merita a pieno titolo di essere una colonna portante della letteratura mondiale. Amore e odio. Passione e amicizia. Desiderio e spiritualità. Campi di battaglia e salotti aristocratici. Contadini e imperatori. Vita e morte. Città e campagna. Corruzione e innocenza. Balli di corte e fetide prigioni. Soldati e burocrati. C’è la vita intera in questo monumentale romanzo storico che Tolstoj inizia a comporre nel 1863, spinto dalla fortissima esigenza personale di comprendere le cause prime di tutti gli eventi, capire perché le cose avvengono come avvengono e non altrimenti, dare una risposta alle grandi questioni etiche e morali che sfidano ogni grande pensatore: cos’è il bene e cos’è il male, qual è l’origine dell’universo e lo scopo dei suoi abitanti, quali sono le cause di tutto ciò che avviene. E solo la storia, intesa come la somma degli avvenimenti concreti e dell’esperienza reale vissuta da uomini e donne in ogni tempo e in ogni luogo, può dare le risposte. Il suo interesse per la storia, dunque, nasce da qui. Allo stesso tempo, però, Tolstoj avverte una profonda insoddisfazione per la storia così come è scritta dagli storici, i quali, soprattutto tra il Settecento e l’Ottocento, attribuiscono gli eventi a un’unica causa e in particolare alla volontà dei “grandi”, i Napoleoni e gli Alessandri che guidano le masse verso i loro scopi. Eppure, come dimostrano la ragione e l’esperienza e come dimostra Tolstoj nella sua opera, la volontà di un singolo individuo è incapace di controllare da sola il grande caos degli eventi. L’imperatore Napoleone e lo zar Alessandro non possono fare altro che recitare la parte di artefici apparenti della storia che gli è stata assegnata dal destino. "Guerra e pace" non è quindi nulla di epico, come molti tendono a definirlo: non ci sono grandi eroi in questo racconto; questo è un monumentale affresco storico che racconta le vicende di tre grandi famiglie russe aristocratiche – i Rostov, i Bolkonskij e i Kuragin – nel periodo delle guerre napoleoniche, in particolare durante la campagna di Russia condotta da Napoleone e dalla sua Grande Armata. Un'immersione totale nella scena e nel 1800, che, forse, neppure la più realistica realtà virtuale potrebbe generare, poichè quello che si vede è un’esperienza di vita vissuta, filtrata dell'immaginazione. Lo stesso Tolstoj infatti ha fatto esperienza in prima persona della guerra, combattendo in Crimea tra le file dell’artiglieria; e proprio per questo i particolari sono descritti in modo così sublime, vivido e minuzioso. Quello che temevo, ovvero infiniti noiosi capitoli sulla guerra, in realtà si è rivelato non solo falso, ma probabilmente la parte più bella. Le battaglie perdono quell'alone di noia per acquistare una forza umana incredibile. Non ci sono soldati, ma persone che soffrono, che credono e sperano o che si disperano; i personaggi danno solo voce a quelle migliaia di soldati, di civili, di uomini e donne che si vedono attori di un'epoca che hanno la sfortuna di vivere. I personaggi storici realmente esistiti poi, rendono il tutto ancora più vero e tangibile. È questa la solida impalcatura sulla quale il grande autore russo colloca i suoi straordinari personaggi e le loro storie. Il giovane principe Andrej Bolkonskij, annoiato dagli eventi mondani, disgustato dall’ambiente frivolo e corrotto che lo circonda, intollerante verso la quotidianità che non ubbidisce a nessuna forma e a nessun ordine razionale, parte per la guerra, spinto da una fredda ambizione di gloria e dal desiderio di emulare Napoleone. Ma già a Schöngrabern vede crollare i suoi sogni nel caos di un evento in cui tutto sembra andare alla deriva, che neppure i grandi generali come Bagration riescono a controllare con i loro ordini e i loro piani di battaglia e che non può portargli il gesto glorioso così freddamente e logicamente programmato. Contemplando la silenziosa, misteriosa immensità del cielo di Austerlitz, un cielo lontanissimo e indifferente all’affannarsi degli uomini come minuscole formiche, Andrej, ferito sul campo di battaglia, capisce la vanità del tutto: la gloria, l’ambizione, i sogni di grandezza, il tumulto della storia, Napoleone, la vita, la morte, e piomba in una profonda crisi di valori nella quale non riesce più a trovare il senso della sua esistenza. Anche il conte Pierre Bezuchov, amico di Andrej, è un personaggio inquieto: egli incarna il tipo dell’intellettuale astratto, onesto, pronto a morire per le sue idee, costantemente volto all’autoperfezionamento e alla trasformazione di sé, generoso, convinto di poter cambiare in meglio se stesso e il mondo grazie ai mezzi che ha a sua disposizione (il denaro e la posizione sociale), alla ricerca continua della verità e del senso della propria esistenza, ma è sostanzialmente incapace di realizzare le proprie inclinazioni. Entra nella massoneria, cerca confusamente di migliorare le condizioni di vita dei suoi contadini, ma ogni tentativo si rivela fallimentare. Parte per il fronte, spinto da un miscuglio di vaga curiosità e desiderio di rendersi utile, e a Borodino, mentre si aggira sul campo di battaglia in frac verde e cappello bianco, fuori posto, smarrito e confuso, sperimenta anch’egli, come Andrej, l’impossibilità di capire la storia e la guerra e di agire consapevolmente in esse. Arrestato dai francesi, incontra in prigione un umile contadino, che con la sua dolcezza, la sua bontà, la sua fede istintiva nella Provvidenza gli svela la verità: che il grande, l’infinito, l’eterno – in una sola parola, Dio – ciò che Pierre cercava ovunque con tanta ostinazione, è qui, è ovunque, è dappertutto. C’è poi Nataša Rostova. Appassionata, vivace, spensierata, fresca e deliziosa, questa splendida donna possiede il segreto che conduce alla felicità, ed è per questo che tutti si innamorano di lei: l’armonia totale con quella musica segreta che tutto muove, tutto comprende e tutto trascina via con sé – in fondo Nataša, forse non casualmente, ama danzare più di ogni altra cosa – e che Tolstoj è stato capace, per assurdo, di fermare sulla carta in "Guerra e pace", con una maestria, una profondità e una completezza destinate ad essere per sempre inimitabili. Si tratta di un personaggio che compie un’evoluzione straordinaria durante il romanzo, come del resto accade anche ad Andrej e Pierre, a Sonia e molti altri. E forse sta proprio qui la grandezza di Tolstoj, che riesce a raccontare tante piccole storie con un’eleganza ed una precisione impressionanti, narrandoci ogni aspetto della vita dei principali personaggi. C’è la musica della vita in questo romanzo, ed è indubbiamente une delle sinfonie più imponenti e maestose che siano mai state scritte. ...more |
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Nov 02, 2022
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| Apr 24, 2017
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Uno dei più famosi romanzi della letteratura russa racconta la storia di una donna aristocratica, sposata con il freddo funzionario Karenin, che viene
Uno dei più famosi romanzi della letteratura russa racconta la storia di una donna aristocratica, sposata con il freddo funzionario Karenin, che viene improvvisamente sconvolta dall’incontro con un giovane ufficiale, Aleksej Vronskij. Questo incontro fa nascere tra i due un profondo e travolgente amore. Anna, che in un primo momento tenta di non abbandonarsi alla passione per Vronskij, trova in seguito il coraggio di affrontare l’immenso scandalo di fronte al rigido mondo aristocratico di cui fa parte. Accanto alla storia della Karenina e di Vronskij troviamo le vicende amorose di un’altra coppia, Kitty e Levin, dal destino del tutto differente. Il romanzo è scritto davvero benissimo, ed è in gran parte piacevole e scorrevole, tuttavia non mi ha fatto battere il cuore. Alcune parti sono un po’ prolisse e mi hanno ricordato i romanzi di Hugo e Balzac: ci sono infatti infinite descrizioni paesaggistiche, spesso superflue, anche se permettono di comprendere appieno l’ambientazione e il contesto storico. Dove invece Tolstoj mostra tutta la sua straordinaria capacità narrativa è nella caratterizzazione dei personaggi. Il lettore impara ad amarli e odiarli entrando pienamente nella loro psicologia ed emotività, magistralmente raccontate. In tutta onestà non si capisce perché Tolstoj abbia intitolato il romanzo “Anna Karenina”, quando in realtà per me il vero protagonista del libro è Konstantin Levin! Io il romanzo lo avrei intitolato diversamente. Il racconto del divario tra classi sociali e la critica al popolo contemporaneo sono la punta di diamante dell’opera, anche se ho sofferto la continua paternale di Tolstoj che ricorre in tutto il romanzo, in particolare quando mette in evidenza i sani principi e i valori di Kitty, dipinta quasi come una santa vergine scesa dal cielo, in opposizione all’adultera peccatrice Anna, meritevole invece di essere punita. ...more |
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Con Aleksandr Sergeevič Puškin si apre quello che i maggiori studiosi e critici letterari è definito “il secolo d’oro” della letteratura russa. Da un
Con Aleksandr Sergeevič Puškin si apre quello che i maggiori studiosi e critici letterari è definito “il secolo d’oro” della letteratura russa. Da un punto di vista filologico, è con questo grande poeta e scrittore che la lingua letteraria russa contemporanea, prende vita. Le opere di Puškin sono tra le migliori manifestazioni del romanticismo russo, e gettano quelle basi della letteratura russa che nel corso dell’800 ci regalerà gli straordinari romanzi di autori del calibro di Gogol’, Tolstoj e Dostoevskij, solo per citarne alcuni. In questa edizione Feltrinelli intitolata “Umili prose”, a cura del prof. Paolo Nori, docente di lingua e letteratura russa, vengono presentate quattro differenti opere del grande Puškin: “I racconti di Belkin”, “La donna di picche”, “Kirdzali”, e il conosciutissimo “La figlia del capitano”. Sono tutti racconti narrati nella Russia imperiale di fine ‘700, un’altra epoca ed un altro mondo: Bellissimi i brevi “racconti di Belkin”, che ci danno un spaccato sia drammatico che ironico della società russa dell’epoca; qui Puškin fa compiere ai propri personaggi azioni abituali e conformi ad un dato genere letterario, facendoli però arrivare a soluzioni diverse, con un finale non previsto dal genere letterario di riferimento. Segue poi “La donna di picche”, racconto che fonde elementi fantastici e gotici, con riferimenti chiari alla narrativa romantica tedesca rispetto alla rappresentazione di alcuni personaggi (vedasi l’anziana contessa e la dama di compagnia). “Kiržali” invece, è la storia di un brigante bulgaro che si unisce ai greci nella loro lotta per l’indipendenza dai turchi; un uomo che non è spinto da alcun sentimento patriottico, ma solo ed esclusivamente dal desiderio di ricchezza. “La figlia del capitano” infine è probabilmente l’opera più famosa di Puškin insieme al “Eugenij Onegin”. In questo racconto si narrano le vicende del giovane Pëtr Grinëv, rampollo di una famiglia di militari, che viene destinato a servire nell’esercito zarista. Ancora in tenera età viene inviato in un piccolo avamposto di frontiera, dove si trova a fronteggiare la rivolta dei cosacchi, che tentano di rovesciare la zarina Caterina II. In questa fortezza Pëtr conosce la vita militare, impara cosa sia l’obbedienza ai superiori, la delusione del tradimento, la disillusione nei confronti delle amicizie, ma soprattutto trova l’amore. È una storia che ha il sapore di una favola. C'è l'eroe positivo senza macchia. C'è la fanciulla pura, ingenua e innamorata persa dell'eroe. Non mancano il perfido oppositore e gli aiutanti dell'eroe, alcuni dei quali decisamente insospettabili. E indimenticabile è l'atmosfera russa che trasuda dalle pagine e avvolge completamente il lettore: il mondo contadino della Russia del Settecento è vivo, pulsante, come un antico ritratto a olio. Forse anche a causa della brevità del testo, si ha l'impressione che il romanzo necessitasse di maggiore sviluppo. I temi trattati sono interessanti, ma affrontati senza un autentico approfondimento, risolti in modo un po’ troppo rapido, semplicistico, o grazie a un intervento dall'alto. In alcuni passaggi di questo “romanzo di formazione” tutto accade talmente in fretta che quasi si perde il nesso tra un evento e l’altro. Vi chiederete dunque perché leggerlo? Perché quel che colpisce di Puškin è la versatilità e l’immensa bellezza della prosa che, per quanto sottoposta alla mano del traduttore, rende onore al romanzo, risultando di una leggerezza che lascia stupefatti, soprattutto in considerazione del fatto che l’opera ha quasi duecento anni. ...more |
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| May 05, 2010
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L’autore di “Stalingrado” e “Vita e Destino” scrive questo reportage nel settembre del 1944, quando da ormai tre anni è un giornalista sul campo di gu
L’autore di “Stalingrado” e “Vita e Destino” scrive questo reportage nel settembre del 1944, quando da ormai tre anni è un giornalista sul campo di guerra, un corrispondente sovietico per l’Armata Rossa. In seguito all’eroica resistenza di Stalingrado, che ha vissuto sulla propria pelle, Grossman avanza verso la Germania nazista insieme alle truppe sovietiche, e lungo il percorso documenta tutto ciò che osserva. È infatti il 1944 quando le truppe di Stalin arrivano al campo di morte di Treblinka, in Polonia, e lo liberano, esattamente come faranno con altri campi di sterminio, scoprendo gli orrori di cui si sono macchiati i nazisti. Vasilij Grossman si trova proprio lì, ed è tra i primi ad entrare a Treblinka. Di fronte a tanto orrore, il giornalista sovietico prende carta e penna e intervista i sopravvissuti, compie sopralluoghi nell’area e documenta ogni singolo dettaglio. Ciò che esce dai suoi appunti è un agghiacciante racconto racchiuso in questo piccolo volume di 79 pagine; uno scritto che venne addirittura utilizzato durante il processo di Norimberga contro i nazisti. A Treblinka, neanche Dante avrebbe potuto immaginare un inferno così, dove si va solo ed esclusivamente per morire. Non ci sono attività di lavoro, si muore e basta, tra le peggiori agonie e sofferenze. Il racconto di Grossman è chirurgico e non tralascia nulla. Dalle procedure nude e crude, passando per gli episodi di estrema violenza, fino ad arrivare al massacro. L’occhio sembra freddo perché ci regala dettagli che non vorremmo conoscere neanche nei nostri peggiori incubi. Non lo nego, è stato emotivamente difficile affrontare queste pagine, ma non posso che consigliarvi di leggere questo racconto usando le parole dello stesso Grossman: “Leggere di queste cose è durissimo. E credetemi, voi che leggete, non è meno duro scriverne. «Perché farlo, allora? Perché ricordare?» chiederà, forse qualcuno. Chi scrive ha il dovere di raccontare una verità tremenda, e chi legge ha il dovere civile di conoscerla, questa verità.” ...more |
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Aug 2022
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| 2018
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Grossman scrisse questo libro fra il 1955 e il 1963. Come nella grandiosa dilogia composta da “Stalingrado” e "Vita e destino", non cambiò molto dello
Grossman scrisse questo libro fra il 1955 e il 1963. Come nella grandiosa dilogia composta da “Stalingrado” e "Vita e destino", non cambiò molto dello stile scabro e aspro che lo aveva reso celebre fra gli scrittori del realismo socialista, ma vi infuse l'inconfondibile tono della verità. Con lucidità e fermezza, prima di ogni altro parlò qui di argomenti intoccabili: la perenne tortura della vita nei campi di lavoro sotto Stalin, ma anche l'altra tortura, più sottile, di chi ne ritorna e riconosce la bassezza e il terrore negli occhi imbarazzati di parenti e conoscenti; lo sterminio sistematico dei kulaki; la delazione come fondamento della società; il vero ruolo di Lenin e Stalin con il loro "spregio della libertà" nella costruzione del mondo sovietico. Esattamente come le sue altre opere, anche “Tutto scorre…” fu proibito e requisito dalla polizia politica sovietica. Un’altra straordinaria opera. Più leggo Grossman, più mi rendo conto di quanto egli sia, senza alcun dubbio, uno tra i più grandi scrittori della storia. Vasilij Grossman nacque nel 1905 a Berdicev, una cittadina ucraina a maggioranza ebrea. Allineato al regime, durante la seconda guerra mondiale divenne corrispondente sul campo di guerra per il giornale dell'Armata rossa, “Stella Rossa”. In un lungo viaggio durato 3 anni, Grossman fu testimone dell’assedio di Mosca, di Staligrado e di Berlino, e al seguito dell'esercito sovietico scoprì gli orrori perpetrati dai nazisti a danni degli ebrei, vedendo in prima persona il campo di Treblinka al momento della sua liberazione (di cui racconta nel libro “L’inferno di Treblinka”). La durissima repressione che Stalin perpetrò per brama di potere ai danni di ebrei e di tantissimi cittadini che avevano fedelmente servito l’Unione Sovietica, fu una svolta profonda nella vita di Grossman. Da fedele servitore del regime, ideologicamente allineato, Vasilij Grossman divenne un profondo critico del sistema sovietico e delle purghe staliniane. Gli anni che vennero furono cupi per gli ebrei sovietici, ma come un fulmine a ciel sereno, nel 1953 Stalin morì, e con lui i suoi piani per un'ennesima grande purga della società sovietica.Per gli intellettuali si apriva ora un periodo nuovo, quello che Erenburg definì come Disgelo. E fu proprio in questo contesto che venne scritto “Tutto scorre...”, un capolavoro letterario, storico e sociologico. Si tratta di un libro crudo, che lascia pochi spazi a descrizioni leggere, romantiche. Così come è la realtà viene riscritta nel libro. Grossman analizza col suo modo, frutto di anni di giornalismo, la storia russa degli anni ‘30 e ‘40, dalla collettivizzazione fino alla morte di Stalin. I commenti sono caustici, non lascia speranze al regime: "Lo Stato si fece padrone" scrive. Si inizia col la liberazione di molti prigionieri dei lager voluta nel 1953. Ecco quindi che il nostro protagonista, Ivan Grigor'evič, incarcerato per aver chiesto la libertà, ritorna dai lager alla vita di tutti i giorni. Ma son passati ben tre decenni e tutto è cambiato. Ci son state le purghe del '36-'38, c'è stata la seconda guerra mondiale. Le persone, le strade, le case che conosceva un tempo non ci sono più. E anche quelle che son rimaste, fanno ormai finta di nulla: lo scopo del lager è far dimenticare il condannato, e il suo scopo lo ottiene sempre. E qui vien fuori l'angosciante realtà: chi si è salvato non vuole affrontare chi invece è stato condannato. Due Russie si incontrano, quella condannata e quella che ha continuato a vivere "libera". La società è definitivamente fratturata, e la frattura non si può più ricomporre. "Non resta che parlare a frasi fatte" commenta Grossman, un commento che dice più di interi libri. Ma l'autore affronta anche un altro tema. Quello della collettivizzazione e della grande carestia in Ucraina, l'Holodomor. Una questione che aiuta noi contemporanei a comprendere le profonde origini storiche del conflitto attualmente in corso tra la Russia di Putin e l’Ucraina. Anche in questi capitoli lo stile di Grossman colpisce nel profondo. Sono forse le pagine più toccanti della sua opera, quelle che fai davvero tanta fatica a leggere, e che descrivono in maniera atroce quella terribile catastrofe: "Le donne si dimostravano più forti degli uomini, si attaccavano alla vita con più rabbia. Eppure toccava loro il peggio: è alle madri che i bambini domandano da mangiare." "Hai mai visto sui giornali i bambini nei lager tedeschi? Identici: teste pesanti come palle di cannone, colli sottili come quelli delle cicogne, nelle mani e nei piedi potevi vedere il movimento di ogni ossicino, sotto la pelle, come son congiunti quelli doppi; lo scheletro era tutto fasciato dalla palle, tesa come una garza gialla. [...] Non erano più visi umani." Infine, l'ultimo argomento toccato da Grossman è il tentativo di capire perché in Russia ebbe modo di svilupparsi una simile dittatura, e anche qui, come nel resto del libro, non c'è speranza; anche qui il suo commento è disarmante: "lo sviluppo russo ha mostrato una sua strana essenza: si trasforma in sviluppo della non-libertà". ...more |
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Senza alcun dubbio uno dei romanzi più belli che abbia mai letto in tutta la mia vita. Dopo aver completato “Stalingrado”, prima parte di questa dilog
Senza alcun dubbio uno dei romanzi più belli che abbia mai letto in tutta la mia vita. Dopo aver completato “Stalingrado”, prima parte di questa dilogia, non sono riuscito ad attendere neanche una settimana prima di lanciarmi nella lettura di “Vita e destino”. La scena del romanzo si svolge in molti luoghi: a Stalingrado, città simbolo di difesa e di lotta contro gli invasori nazisti, ma anche luogo simbolo dell’URSS e del potere di Stalin, nei gulag sovietici, nei campi di concentramento nazisti, a Mosca, sia nei palazzi del potere, ma anche nelle celle della Lubjanka, nella provincia russa. Anche questo romanzo, come ”Stalingrado”, si compone di centinaia di storie comuni: le vite di tutti i personaggi - 166 in totale - vengono accuratamente e magistralmente raccontate da Grossman, che riesce così a regalarci un ritratto perfetto dell’orrore vissuto durante quegli anni. Vasilij Grossman conosceva bene gli avvenimenti storici che descrive in maniera accuratissima. Ucraino di origini ebraiche, comunista convinto e scrittore di regime, Grossman era stato corrispondente di guerra al seguito dell’Armata Rossa, lanciata dopo Stalingrado, verso Berlino. Aveva assistito alle conseguenze della ritirata russa, alla disfatta tedesca, alle distruzioni della guerra e conosceva, tra i primi giornalisti nel mondo, quanto era accaduto nel campo di sterminio di Treblinka e quale fosse stata la sorte degli ebrei. Non solo, Grossman conosceva bene gli effetti delle grandi purghe staliniane degli anni 1936-38, la sorte della atroce repressione sovietica dell’Ucraina, il terrore che su tutti incuteva lo stato-partito di Stalin, gli arresti e la realtà dei Gulag. Mentre nel primo romanzo, “Stalingrado”, si evidenzia pienamente lo stile del realismo socialista di Grossman, che era ancora avvolto dal torpore fideistico nel regime sovietico e ne raccontava tutti gli aspetti più positivi, in “Vita e destino” assistiamo ad uno stravolgimento totale del racconto. “Vita e destino” si trasforma infatti nel’opposto del primo romanzo, sia per la concezione che per la qualità. Frutto di una lenta maturazione personale, questo cambio fu favorito dal fatto che Grossman, un ebreo sovietico, dopo la fine della guerra, vide tradite le speranze, sue e di tutti i sovietici, in un miglioramento del regime comunista, e fu dolorosamente colpito dalla subdola campagna antisemita dilagante al tempo. In “Vita e destino”, Grossman demolisce l'edificio ideologico sul quale si appoggiava il regime sovietico, e proprio per questo lo stesso regime considerò il suo romanzo una pericolosa «bomba atomica», e ne fece sequestrare dal KGB ogni copia per poterla distruggere, ma il romanzo si salvò perché Grossman riuscì a farne portare una copia di quest’ultimo in Svizzera. L’umanesimo di Grossman parte dall’osservazione della sua epoca storica, della guerra, delle attese di libertà del popolo russo che combatte con coraggio ed indicibili sofferenze il nazismo, del terrore di stato causato dal regime staliniano, dei campi di concentramento tedeschi, dello sterminio degli ebrei, dell’abiezione e del dolore a cui sono stati costretti gli esseri umani, tuttavia capaci di mantenere saldo un fondo di inestirpabile umanità. Le componenti essenziali di questo sguardo nuovo gettato da Grossman sul destino umano sono le sue parole, le storie e le riflessioni, disseminate in moltissimi capitoli di “Vita e destino”, sulla natura del bene, nel nome del quale viene giustificato il male, sul primato ineludibile della bontà e sulla forza della libertà e della verità. Le pagine in cui descrive il funzionamento di un campo di concentramento nazista, la vita dei prigionieri nel Gulag sovietico, la disperazione nel ghetto ucraino sovraffollato, il viaggio degli ebrei verso la morte, e lo sterminio nelle camere a gas, fino alle tecniche degli interrogatori della polizia politica, hanno un’immensa forza evocativa e dimostrano che Grossman aveva una conoscenza estremamente dettagliata di queste realtà. Sono egualmente straordinarie le pagine dove Grossman ci spiega con estrema chiarezza il perché storico e sociologico di fenomeni come l’antisemitismo, la repressione dei contadini ucraini e le purghe staliniste; il perché politico del passaggio verso il nazionalismo statale sovietico. Oppure quando in campo militare, ci spiega perché per i nazisti è stato assolutamente inutile assediare Stalingrado: sarebbe stato sufficiente aggirare la città e proseguire l’inseguimento dell’Armata Rossa in ritirata, prima dell’arrivo dell’inverno, ma i tedeschi rimasero vittime delle irrazionali scelte di Hitler. Ci spiega anche la triste sorte che, finita la guerra, Stalin avrebbe riservato alle centinaia di migliaia di soldati russi caduti prigionieri dei tedeschi: questi infatti proseguirono per anni la prigionia nei campi della Siberia perché considerati traditori della patria. Di seguito uno dei passaggi più belli di questo romanzo: “La mente umana crede che la vita sia una lotta del bene contro il male, ma così non è. Chi vuole il bene dell’umanità non è in grado di arginare il male. Occorrono grandi idee per scavare un nuovo alveo, per spostare gli scogli, per distruggere la roccia e abbattere le foreste; è necessario sognare un bene comune perché le grandi acque scorrano in amicizia. Se il mare potesse pensare, ogni tempesta genererebbe l’idea e il sogno della felicità e, frangendosi contro gli scogli, ogni onda penserebbe di sacrificarsi per il bene delle acque tutte del mare, senza accorgersi di essere stata semplicemente sollevata dal vento come mille altre prima e dopo di lei. Molti libri sono stati scritti su come combattere il male, su cosa sia il male e cosa sia il bene. Ma resta, inconfutabile, un cruccio: là dove si leva l’alba del bene eterno che mai sarà vinto dal male - quel male, anche esso eterno, che mai trionferà sul bene -, là muoiono vecchi e bambini e scorre il sangue. E dinanzi al male della vita, non solo gli uomini, ma anche Dio è impotente. E allora, forse, è la vita il male? Ho visto la forza incrollabile dell’idea del bene sociale, che è nata nel mio paese. L’ho vista nel periodo della collettivizzazione forzata e nel 1937. Ho visto uccidere nel nome di un ideale bello e umano come quello cristiano. Ho visto le campagne morire di fame, e i figli dei contadini che morivano tra le nevi della Siberia; ho visto le tradotte che da Mosca, Leningrado e altre città della Russia, portavano in Siberia centinaia di migliaia di uomini e donne, i nemici della grande, luminosa idea del bene sociale. Era un’idea bella e grande, e ha ucciso senza pietà, ha rovinato la vita di molti, ha separato le mogli dei mariti, i figli dai padri. Ora sul mondo incombe il grande errore del nazismo tedesco. L’aria è impregnata delle grida e dei lamenti dei giustiziati. Nero è il cielo, il sole si è spento nel fumo dei forni crematori. Ma anche questi crimini - inauditi non solo per l’universo, ma anche per gli uomini di questa Terra - sono compiuti in nome del bene. […] Il bene non è nella natura, non è nelle prediche di apostoli e profeti, nelle teorie di grandi sociologi o capi di Stato, nell’etica dei filosofi. La gente comune ha nel cuore l’amore per gli esseri viventi, ama la vita e ne ha cura in modo naturale spontanea, è felice del calore della propria casa dopo una giornata di lavoro e non accende roghi e falò sulle piazze. E dunque oltre al bene, grande e minaccioso, esiste la bontà di tutti i giorni. La bontà della vecchia che porta un pezzo di pane a un prigioniero, la bontà del soldato che fa bere dalla propria borraccia un nemico ferito, la bontà della gioventù che ha pietà della vecchiaia, la bontà del contadino che nasconde un vecchio ebreo nel fienile. La bontà delle guardie che, a rischio della propria libertà, fanno avere a moglie e madre le lettere dei prigionieri. È la bontà dell’uomo per l’altro uomo, una bontà senza testimoni, piccola, senza grandi teorie. La bontà illogica, potremmo chiamarla. La bontà degli uomini aldilà del bene religioso e sociale. […] In quest’epoca tremenda, un’epoca di follie commessa nel nome della gloria di Stati e nazioni o del bene universale, in cui gli uomini non sembrano più uomini ma fremono come rami d’albero e sono come la pietra che frana e trascina con sé le altre pietre, riempiendo fosse burroni, in quest’epoca di terrore di follia insensata, la bontà spicciola, granello radioattivo sbriciolato nella vita, non è scomparsa. […] Quanto più si estendono le tenebre del nazismo, tanto più constato che gli uomini restano - imperterriti - uomini, persino sul ciglio di una fossa sanguinante o sulla soglia di una camera a gas. Ho temprato la mia fede all’inferno. È uscita dal fuoco dei forni crematori, dal cemento delle camere a gas, la mia fede. E ho visto che nella lotta contro il male non è l’uomo a essere impotente: per quanto poderoso, il male non fa nulla nella sua guerra contro l’uomo. La bontà è debole, fragile: questo è il segreto della sua immortalità. Essa è invincibile. Più è sciocca, più è illogica e indifesa, tanto più è imponente. Il male non fa nulla contro la bontà! Profeti, apostoli, riformatori, leader, capi delle nazioni, nulla possono contro di essa. La bontà, amore cieco e muto, è il senso dell’uomo. La storia degli uomini non è dunque la lotta del bene che cerca di sconfiggere il male. La storia dell’uomo è la lotta del grande male che cerca di macinare il piccolo seme dell’umanità. Ma se anche in momenti come questi l’uomo conserva qualcosa di umano, il male è destinato a soccombere.” Vasilij Grossman ha cercato per anni la verità, e l’ha raccontata qui, in “Vita e destino”, uno dei più straordinari romanzi mai scritti dall’uomo. ...more |
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Jul 12, 2022
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Jul 30, 2022
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Jan 29, 2023
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Paperback
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| 8845936511
| 9788845936517
| 8845936511
| 4.28
| 3,031
| 1952
| Apr 04, 2022
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Completato nel 1952, dopo ben 10 anni di lavoro, “Stalingrado” non è che il primo romanzo di una dilogia scritta dal russo Vasilij Semënovič Grossman;
Completato nel 1952, dopo ben 10 anni di lavoro, “Stalingrado” non è che il primo romanzo di una dilogia scritta dal russo Vasilij Semënovič Grossman; dilogia che prosegue con il più conosciuto “Vita e Destino”, del 1959. Entrambi i volumi, ferocemente attaccati dalla censura sovietica, vennero pubblicati in tutto il mondo solo diversi anni dopo la morte dello scrittore, avvenuta nel 1964, e sono oggi disponibili in due volumi splendidamente curati da Adelphi e pubblicati in versione integrale dalla primavera del 2022. Il romanzo narra la storia dell’invasione nazista dell’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale, ed in particolare dell’assedio della città di Stalingrado, oggi Volgograd, tra la fine del 1942 e gli inizi del 1943. Questa lunga e gigantesca battaglia, definita da alcuni storici come la più importante di tutta la guerra, segnò la prima grande sconfitta politico-militare della Germania nazista e dei suoi alleati sul fronte orientale, nonché l'inizio dell'avanzata sovietica verso ovest, che sarebbe terminata due anni dopo con la conquista del palazzo del Reichstag e il suicidio di Hitler nel bunker della Cancelleria durante la battaglia di Berlino. Vasilij Grossman non si limita però a raccontare gli eventi storici e bellici in maniera fredda e distaccata, ma ci fa immergere completamente nel dramma di questa spaventosa guerra, raccontandocela attraverso gli occhi di un centinaio di personaggi. Sì, avete letto bene, un centinaio; tanto che, alla fine del libro, l’edizione Adelphi mette a disposizione del lettore un utilissimo elenco dettagliato dei personaggi lungo dieci pagine, proprio per non perdersi. Al centro della narrazione troviamo la vasta famiglia degli Šapošnikov, guidata dalla matriarca Aleksandra Vladimirovna, e tutto intorno un insieme di personaggi travolti da questa immensa tragedia, dal commissario dell’Armata Rossa Krymov al colonnello Novikov, dal fisico Štrum al soldato Vavilov, passando per sergenti, fonditori, operai, minatori, accademici, medici, autisti, marescialli, mortaisti, generali, impiegati e contadini. Grossman ci racconta magistralmente come questa tempesta di fuoco e morte si abbatte sulle vite dei russi dell’epoca con una crudeltà ed una devastazione inimmaginabile. Tra le pagine del romanzo troviamo un’infinità di dettagli che solo chi ha vissuto la guerra avrebbe potuto raccontare; e forse sta proprio qui la grandezza di questo scrittore, la capacità di narrare gli eventi che lui stesso aveva vissuto in prima persona, da giornalista di guerra, durante le battaglie di Stalingrado, di Mosca e di Berlino. Gli oltre mille giorni passati al fronte a raccogliere testimonianze e vedere con i propri occhi gli orrori della guerra sono tutti concentrati qui, in un gigantesco romanzo davvero epico ed estremamente coinvolgente. Grossman ci narra anche della vita quotidiana sotto l’Unione Sovietica di quegli anni, ci racconta dello sforzo bellico straordinario compiuto da un intero popolo, donne incluse, creando un capolavoro della letteratura mondiale che è un vero e proprio tributo agli oltre venti milioni di caduti russi di questa guerra. Una “guerra popolare”, in cui “grandi imprese possono essere compiute da persone semplici e comuni”. In questo romanzo troviamo infatti le reazioni spontanee della popolazione russa davanti all’aggressione tedesca, che mostra l’attaccamento ideologico al proprio ruolo all’interno della comunità in cui vive, nonché la necessità di difendere la propria terra, il proprio popolo e il progetto sovietico. Impossibile non citare i capitoli in cui Grossman ci fa presenta un dettagliato ritratto di Adolf Hitler e ci parla del suo incontro con Mussolini mentre decide le sorti di milioni di persone, o quelli in cui ci racconta le vicende di ciò che accadeva ad ovest della città di Stalingrado, tra le truppe tedesche guidate dal generale Friedrich Paulus, comandante della 6ª armata nazista. Anche qui lo scrittore utilizza la lente della compassione per descrivere quel poco di umanità che resta tra questi uomini, con le loro virtù e i loro difetti, malgrado la profonda malvagità che alberga nella loro anima. Nonostante la mole imponente del libro, quasi 900 pagine, i brevi capitoli scorrono velocissimi, uno dietro l’altro, portando con sé descrizioni uniche dei paesaggi intorno al Volga, dell’angosciante attesa in chi vede il nemico avanzare tra le steppe ucraine, delle orribili davastazioni dei bombardamenti, fino alle pagine più crude e strazianti, con passaggi come questo, che ti colpiscono come un pugno allo stomaco: “Lo spettacolo era tremendo, ma ancor più tremenda era la morte negli occhi di un esserino di sei anni schiacciato da una trave di ferro. Perché se esiste una forza capace di risollevare dalla polvere città enormi, non c’è forza al mondo in grado di risollevare le palpebre dagli occhi di un bambino morto.” Per concludere, mi sento di dover necessariamente spendere due parole per l’unica e bellissima edizione di questo libro pubblicata da Adelphi ad aprile 2022, ma soprattutto per la curatissima traduzione di Claudia Zonghetti, che ha reso questo romanzo uno dei più scorrevoli che abbia mai letto. ...more |
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Jun 2022
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Jul 2022
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Paperback
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| Jun 2014
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Apr 2022
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Jan 29, 2023
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Paperback
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| 1880
| Feb 12, 2014
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Non scriverò una vera e propria recensione de “I Fratelli Karamazov”, semplicemente perché non ne sono all’altezza. Mi sento come un piccolo essere in
Non scriverò una vera e propria recensione de “I Fratelli Karamazov”, semplicemente perché non ne sono all’altezza. Mi sento come un piccolo essere insignificante davanti ad uno scrittore come Dostoevskij, che in questo romanzo tocca vette altissime, parlandoci della vita e della morte, del bene e del male, della ricerca della fede e di Dio, di umane tentazioni e sofferenze, di giustizia, libertà, di rimorso e perdono, di follia e amore. Come si fa scrivere di queste cose? A commentare in poche righe su questioni tanto grandi? Mi limiterò quindi ad alcune brevi considerazioni generali: In ambito letterario, Dostoevskij è a mio avviso un indagatore impareggiabile dell'animo umano. Un maestro che scandaglia ed esamina con straordinaria profondità e precisione le complessità dell'esperienza umana, non limitandosi a descrivere gli estremi delle emozioni, ma penetrando nelle profondità dell'animo, svelando i recessi più oscuri e le contraddizioni intrinseche della natura dell’uomo: una tensione costante tra il bene e il male, la fede e il dubbio, la libertà e la responsabilità. Dostoevskij non teme di esplorare gli abissi dell'angoscia, della colpa, della lotta interiore e della ricerca di senso nell'esistenza. I personaggi dei suoi romanzi infatti, si confrontano continuamente su questioni etiche, religiose e filosofiche, dando voce ad un'analisi profonda delle convinzioni umane e delle crisi spirituali. Nei Karamazov questo accade soprattutto al personaggio di Ivan, senza dubbi il mio preferito: un animo perturbato, dilaniato e travagliato dai dubbi, in costante conflitto per affermare il proprio ateismo e le proprie convinzioni. Sono straordinari i dialoghi tra Ivan e Aleksej, e soprattutto tra Ivan e il diavolo, a mio avviso tra le pagine più belle e profonde mai scritte da un essere umano. Per non parlare poi del capitolo “Il Grande Inquisitore”, che dovrebbe essere studiato in ogni corso di filosofia esistente. Attraverso la sua penna acuminata e l’uso dei suoi personaggi, Dostoevskij sfida continuamente il lettore e lo spinge a confrontarsi con le domande più intime e scomode dell'esistenza umana. Ancora una volta infatti, è riuscito a mandarmi in crisi e a demolire le mie convinzioni: e proprio per questo io Dostoevskij lo amo alla follia. Per concludere, mi pento molto di aver letto questo capolavoro assoluto adesso e di non averlo tenuto come ultimo romanzo di Dostoevskij da leggere, come il più spettacolare dei finali immaginabili; ma è stata comunque un’esperienza sublime. La letteratura è senza dubbi la più bella forma d’arte esistente. ...more |
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Nov 29, 2023
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Dec 21, 2023
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Jan 29, 2023
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Paperback
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| Feb 13, 2019
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So che questo è un grande classico della letteratura russa, ampiamente apprezzato dal pubblico e da alcuni citato come un "capolavoro", ma a me ha ann
So che questo è un grande classico della letteratura russa, ampiamente apprezzato dal pubblico e da alcuni citato come un "capolavoro", ma a me ha annoiato da morire. Ne comprendo però sicuramente il valore letterario, visto il racconto che Gogol' fa, in maniera fin troppo esaustiva, della vita russa nelle campagne dell'epoca. Il dettaglio storico infatti è sia preciso che molto ampio, poiché l'autore include nella narrazione innumerevoli e dettagliatissime discussioni su molti aspetti della vita russa, dall'economia alla vita sociale, alla politica, alla mentalità davvero unica del popolo russo dell'epoca. Quindi, come panoramica storica di un periodo poco conosciuto della storia russa, il romanzo è scritto decisamente bene. E' vero che l'opera non è stata completata per via della morte dell'autore, ma per me il punto debole del romanzo è senza alcun dubbio la trama, che nonostante avesse delle eccellenti basi di partenza, non è stata adeguatamente sviluppata neppure in questa prima parte. Le "anime morte" di cui ci narra Gogol' fanno riferimento all'unità di misura usata dai russi dell'epoca per contare il numero di servi posseduti dai proprietari terrieri. I servi della gleba, sebbene non fossero dei veri e propri schiavi, erano considerati come un proprietà, e godevano di diritti molto limitati. Le tasse che i proprietari terrieri russi pagavano durante il periodo che andava da un censimento della popolazione ad un altro infatti, erano basate sul numero di servi che possedevano. Il protagonista del romanzo escogita quindi un piano per “acquistare” da vari proprietari terrieri quei servi che sono morti a partire dall'ultimo censimento effettuato, e che risulteranno pertanto ancora vivi ai fini delle tasse da pagare fino al censimento successivo. Idea molto originale e interessante, ma non adeguatamente sviluppata. La storia a mio avviso è troppo lenta, troppo farraginosa e decisamente ostica alla lettura, e probabilmente ciò è dovuto anche all'edizione in mio possesso (Einaudi), che ha una traduzione del 1947. L'autore a mio avviso si perde in una quantità eccessiva di descrizioni, spesso non necessarie, che annoiano terribilmente il lettore rallentando il racconto. Mi aspettavo decisamente più satira, più avventura, più colpi di scena. I vari personaggi che Cicikov incontra hanno lo scopo di ritrarre vari tipi di russi, e immagino di non conoscere abbastanza il periodo per capirne tutte le sfumature e quindi apprezzarne le caricature volute da Gogol', ma il tutto per me non ha funzionato. ...more |
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Aug 13, 2023
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Aug 17, 2023
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Jan 29, 2023
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Paperback
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| 8807901633
| 9788807901638
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| 3.78
| 670
| unknown
| Oct 08, 2014
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Feb 2022
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Jan 29, 2023
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Paperback
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| 8807901870
| 9788807901874
| 8807901870
| 4.06
| 192,794
| 1848
| Apr 29, 2015
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Un piccolo gioiello letterario che racchiude in sé la magia e la poesia dell'animo umano. Questo breve romanzo, pubblicato nel 1848, riesce a condensa
Un piccolo gioiello letterario che racchiude in sé la magia e la poesia dell'animo umano. Questo breve romanzo, pubblicato nel 1848, riesce a condensare in poche pagine un'incredibile profondità emotiva e una riflessione universale sull'amore, la solitudine e i sogni. Ambientato in una San Pietroburgo estiva, durante le famose "notti bianche" in cui il sole non tramonta mai del tutto, il racconto è pervaso da un'atmosfera rarefatta e onirica, che rende ogni momento sospeso tra la realtà e il sogno. Il protagonista, un giovane sognatore senza nome, è un personaggio meravigliosamente fragile, in cui è facile riconoscersi. La sua incapacità di vivere pienamente nel presente, immerso com’è nei suoi sogni e nelle sue fantasticherie, riflette una sensibilità straordinaria. È un'anima gentile, profondamente sola, che vaga per le strade della città cercando disperatamente un legame umano che dia senso alla sua esistenza. L’incontro con Nasten'ka, una giovane donna altrettanto sola e bisognosa di affetto, diventa per lui un’esperienza trasformativa. Attraverso le loro conversazioni notturne, il romanzo esplora in modo delicato e profondo la natura dei sentimenti umani, facendo emergere il contrasto tra il mondo ideale dei sogni e la dura realtà. Dostoevskij dipinge l'amore con una sensibilità straordinaria, mostrando quanto possa essere al contempo dolce e struggente, capace di dare senso alla vita ma anche di lasciare cicatrici profonde. L'intensità con cui il protagonista si innamora di Nasten'ka è travolgente: la sua passione è pura, genuina, ma anche intrinsecamente destinata a essere infranta dalla realtà. La genialità del romanzo risiede proprio nella capacità di far emergere la bellezza e la tragicità di un amore che nasce in una notte e che si dissolve altrettanto rapidamente, lasciando però un segno indelebile nell'anima. La scrittura di Dostoevskij è magnetica, ricca di introspezione e carica di emozioni, capace di rendere vivide le esperienze interiori dei suoi personaggi. "Le notti bianche" non è solo la storia di un amore mancato, ma anche una riflessione sul valore dei sogni, sull’illusione e sulla disillusione, temi che rimangono straordinariamente attuali. Il romanzo parla a chiunque abbia mai sperimentato l'irresistibile forza dei propri desideri e la dolorosa consapevolezza dei loro limiti. L’atmosfera notturna e quasi magica di San Pietroburgo diventa il palcoscenico perfetto per questa breve ma intensa storia, amplificando la sensazione di sospensione temporale e di estraneità dalla realtà quotidiana. "Le notti bianche" è una lettura che avvolge il lettore in un vortice di emozioni, facendolo riflettere sul significato dei sentimenti, sul valore della speranza e sull’inevitabile dolore che accompagna la ricerca della felicità. È un capolavoro della letteratura russa che, nonostante la brevità, riesce a rimanere impresso nella memoria come un'opera d'arte delicata e struggente. ...more |
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Jan 30, 2022
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Jan 29, 2023
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